La camorra investe nelle immondizie

28 Maggio 2009 0 Di redazione

Che la camorra investisse nella raccolta e smaltimento dei rifiuti lo si sospettava, adesso però gli investigatori sostengono di aver trovato prove sul fatto che addiriIn data odierna, sono state eseguite ordinanttura i clan gestivano aziende nel settore. Oggi, ordinanze di sequestri e di misure cautelari sono state emesse, a seguito di complesse indagini coordinate dai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Napoli, nei confronti di BELFORTE Salvatore, capo dell’omonimo clan operante nel Casertano, e di altri esponenti di spicco del citato clan, tutti titolari di attività imprenditoriali.
I reati contestati sono: associazione per delinquere di stampo camorristico, traffico illecito organizzato di rifiuti e truffa aggravata ai danni di Ente Pubblico, riciclaggio e reimpiego di capitali di provenienza illecita, estorsione, reati tutti aggravati dalla finalità dell’agevolazione mafiosa. L’attività rappresenta un vero e proprio traguardo investigativo in quanto è la prima volta che si dimostra giudiziariamente la gestione diretta da parte della camorra di società operanti nel settore dei rifiuti per mezzo delle quali si riciclavano capitali del clan proprio nel settore dei rifiuti. L’operazione odierna – condotta in perfetta sinergia da un pool Interforze composto per l’alta specializzazione dai Carabinieri del Comando Tutela Ambiente di Roma e di Caserta e dalla Compagnia della Guardia di Finanza di Marcianise – segna una tappa fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata in quanto si riusciti a dimostrare che esponenti apicali di clan camorristici – il capoclan BELFORTE Salvatore – da lungo tempo si sono inseriti nella gestione dei rifiuti mediante società direttamente da loro gestite: è il caso della SEM, direttamente controllata dal clan BELFORTE.
In tali società venivano convogliati i proventi delle attività illecite del clan, quali il traffico di droga ed i ricavi delle estorsioni e dell’usura, e venivano utilizzati per operare nel delicato settore della gestione dei rifiuti, in precedenza gestito da imprese del Nord.
I mezzi con cui le società camorristiche ottenevano la supremazia del mercato erano molteplici:
Le società camorristiche, sfruttando il totale controllo del territorio grazie alla operatività “militare” del clan di appartenenza, avevano grosse disponibilità di denaro da utilizzare per le attività imprenditoriali tanto da assumere una vera e propria posizione monopolistica nel settore dell’intermediazione dei rifiuti.
La società SEM, gestita dal clan BELFORTE, aveva la capacità di legarsi ad analoghe società riferibili ad altri gruppi camorristici operanti nel medesimo settore dei rifiuti anche grazie ad “alleanze” criminali.
La società SEM otteneva appalti pubblici anche grazie alla compiacenza di pubblici funzionari anche in assenza delle necessarie iscrizioni: è il caso degli appalti per le bonifiche degli alvei effettuate dalla RECAM.
Il danno per l’Ente pubblico è enorme: di qui la contestazione anche del reato di truffa aggravata.
L’attività di indagine si è focalizzata sull’analisi del settore dei rifiuti ed ha consentito di appurare che il clan BELFORTE – operante nella zona di Marcianise e nei paesi limitrofi – ha assunto, anche in tale ambito ed accanto ai settori “tradizionali” di operatività del clan camorristico, una posizione dominante.
L’organizzazione criminale è riuscita, pertanto, ad acquisire enormi disponibilità finanziarie che ha poi reimpiegato – tramite una fitta rete societaria e di prestanome – nel medesimo settore imprenditoriale e nelle acquisizioni immobiliari.
L’attività investigativa è stata veramente impegnativa e complessa atteso che gli indagati hanno operato, per lungo tempo, indisturbati avendo la possibilità di realizzare un vero e proprio impero imprenditoriale e di creare una “cortina” di legalità tesa a celare gli investimenti illeciti.
E’ stato, pertanto, necessario effettuare una certosina ricostruzione finanziaria e patrimoniale delle consistenze economiche e patrimoniali degli indagati e dei soggetti ad essi collegati; le risultanze di tali accertamenti – incrociate con i risultati di approfonditi ed estesi controlli bancari – hanno, infine, consentito di verificare la provenienza illecita delle consistenze patrimoniali, bancarie e societarie del gruppo criminale e di ottenerne una precisa “mappatura” . Tali dati sono risultati perfettamente collimanti con le convergenti dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia un tempo affiliati a diversi clan del casertano.
E’ stato così possibile ricostruire un quadro indiziario diretto ed efficace dell’infiltrazione del sodalizio di criminalità organizzata e specificamente accertare che il clan “BELFORTE” e/o “Mazzacane” di Marcianise opera anche nel settore della gestione dei rifiuti con modalità illecite, tanto che appare configurabile anche il delitto di traffico organizzato illecito degli stessi.
Le attività investigative hanno dimostrato che il motore intorno al quale ruotano le attività del clan criminale sono proprio le diverse società gestite da due imprenditori camorristi.
Nel caso dell’attività di intermediazione per lo smaltimento dei rifiuti svolta dalla diverse ditte riferibili al clan BELFORTE, il dato documentale risulta essere certamente di elevata caratura investigativa; esso va perfettamente a riscontrare gli esiti delle intercettazioni telefoniche.
L’organizzazione camorristica ha articolato le proprie attività mediante quattro distinti ambiti operativi, e più precisamente mediante: l’apparente intermediazione dello smaltimento dei rifiuti svolta dalle società CEPI ed ECOMEDITERRANEA; infatti, il clan camorristico impone alle piccole e medie attività artigianali di avvalersi, per lo smaltimento dei rifiuti prodotti, di impianti individuati per loro conto dalla CEPI e dalla ECOMEDITERRANEA, ovvero società di intermediazione di rifiuti direttamente controllate dal clan BELFORTE;
la predisposizione di una filiera di società senza alcuna struttura impiantistica c.d. “società cartiere” per essere utilizzate, da parte del clan BELFORTE, esclusivamente per operare “giri” di fatture false (c.d. f.o.i.) onde dissimulare gli ingenti e soprattutto ingiusti profitti derivanti anche dal traffico organizzato illecito dei rifiuti; sono le società SAMA s.a.s, NICO s.a.s, WASTE SERVICE srl;
la predisposizione di una filiera di società dotate di impiantistica per le attività di recupero/smaltimento dei rifiuti: ECOPARTENOPE s.r.l, SEM s.p.a, ENERTRADE s.r.l, BIOCOM s.a.s;
l’imposizione del pagamento di somme a titolo di estorsione nei confronti delle ditte operanti nel settore della gestione dei rifiuti, dislocate sul territorio di propria pertinenza (si ricordano le operazioni “PIZZO SUL PIZZO” e “SCACCO AL RE” aventi ad oggetto le estorsioni effettuate ai danni degli imprenditori operanti nel casertano RICCI della ECOREC s.r.l. e IAVAZZI della IMPRESUD srl).
L’effetto dell’intromissione degli interessi camorristici nello sviluppo del “libero mercato” è devastante in quanto è tanto invasivo da provocarne la distorsione dei meccanismi essenziali: dall’analisi dei bilanci e dei singoli atti di gestione delle società (dei quali si darà conto nella pagine che seguono) non sono stati rinvenuti criteri gestionali connotati da quell’economicità cui dovrebbe tendere ogni gestione imprenditoriale.
In altri termini, le società “controllate” dal clan o “collegate” ad esso alterano il sistema in quanto non sono tenute a seguirne le regole; esse, infatti, non perseguendo l’ordinaria finalità imprenditoriale finiscono per sovvertire tutte le regole e le dinamiche del mercato.
Esse, non perseguono la finalità del conseguimento dell’“utile”, ma quella – diversa se non opposta – della “ripulitura” dei capitali illeciti; si tratta di società che, pertanto, sono create per effettuare tali operazioni “costi quel che costi”.
Da quanto detto, si evince quanto sia forte lo scollamento dalle ordinarie regole imprenditoriali.
Il riscontro dell’anormalità dei flussi economici di queste società è dato dagli esiti degli accertamenti effettuati mediante le dettagliate analisi dei bilanci (laddove presentati) ed i riscontri dei flussi bancari.
Infatti, si è appurato che molte società hanno ricevuto enormi finanziamenti in contanti (talvolta per milioni di euro) da parte dei soci oppure mediante bonifici bancari: è la classica tecnica del riciclaggio.
La SEM, ad esempio, ha avuto iniezioni di denaro liquido a titolo di finanziamento soci e versamenti in contanti per circa dieci milioni di euro nell’arco di un quinquennio con contestuali prelievi in contanti e fatturazioni false in modo da far ritornare il denaro “ripulito” nella disponibilità del clan.
Sono state accertate anche ulteriori cointeressenze tra i clan camorristici operanti nel casertano con le aziende operanti nel settore dei rifiuti e le loro propaggini in altre regioni, come nel Lazio, ove sono stati operati significativi sequestri di società e di immobili riconducibili al clan BELFORTE.