Lotta ai clan della camorra, “colpire i beni delle cosche”. Il giudice Taviano spiega come

2 Febbraio 2010 1 Di redazione

di Paolo Andrea Taviano
Magistrato del tribunale di Cassino (Fr)
I recenti sequestri di ingenti patrimoni a Cassino e nel cassinate da parte delle Forze dell’Ordine confermano, anche se non ce ne era bisogno, il grado di infiltrazione e radicamento nel territorio della criminalità organizzata confermando altresì quanto sostenuto dal sottoscritto negli ultimi anni circa la necessità di una intensificazione delle investigazioni di natura patrimoniale che rappresentano il modo migliore per colpire a morte la criminalità.
Del resto non è un caso che la magistratura e le forze di polizia maggiormente impegnate nella lotta alla criminalità di tipo mafioso stiano spostando il loro obiettivo investigativo e repressivo dalle persone ai patrimoni, tanto che sia in dottrina che in giurisprudenza si sente sempre più spesso parlare di “processo al patrimonio” e di “pericolosità criminale dei beni”.
Un lavoro investigativo lungo, faticoso e certosino per il quale certamente ci vorrebbero più uomini mezzi anche se sfruttando al meglio le risorse attuali già si potrebbe fare molto, basti pensare all’informatizzazione del sistema bancario od all’informatizzazione della Pubblica Amministrazione che con le banche dati di cui dispone, come ad esempio l’anagrafe tributaria, i registri immobiliari e catastali, il PRA, i registri navali e quant’altro, messe in rete e a disposizione immediata degli organi investigativi, può sin da ora ridurre in modo considerevole la durata delle indagini aumentando l’efficacia dell’azione penale ed investigativa.
Non bisogna poi dimenticare che i recenti “pacchetti sicurezza” varati dal Governo nel 2008 e nel 2009 hanno ampliato notevolmente la possibilità di applicare misure di prevenzione di carattere patrimoniale nei confronti di soggetti criminali e di soggetti prestanome intestatari di ville, yachts, appartamenti, auto di lusso, aziende che fatturano milioni di euro, patrimoni non proporzionati al reddito dichiarato, incrementando moltissimo i poteri di intervento repressivo sui patrimoni di provenienza illecita o, quanto meno, dubbia.
Le recenti riforme legislative, che peraltro traggono anche spunto da esperienze di ordinamenti stranieri, tendono a svincolare il sequestro e la confisca dei patrimoni illeciti dalla contemporanea pendenza di un procedimento penale a carico del soggetto al quale sono stati sequestrati i beni, con ciò facilitando la sottrazione della disponibilità di beni alla criminalità, anche se il problema più spinoso rimane quello del reimpiego nell’economia legale dei beni dei criminali, beni che devono essere custoditi, conservati e restituiti nel più breve tempo possibile alla collettività alla quale la criminalità li ha usurpati.
In questa materia un ruolo importante deve essere svolto dalle amministrazioni locali e dall’Agenzia del Demanio che devono fornire il supporto adeguato affinché i beni sottratti alla criminalità siano effettivamente e proficuamente utilizzati a scopi sociali e, in particolare gli Enti locali, possono addirittura operare in via preventiva per scongiurare le infiltrazioni mafiose negli appalti come di recente è avvenuto per l’Expo 2015 di Milano e per la ricostruzione in Abruzzo.
Una nuova frontiera nella lotta alla criminalità nella quale c’è molto da lavorare ma che apre nuove speranze a chi ancora crede che l’Italia sia uno Stato di diritto.
Paolo Andrea Taviano
Magistrato