Dopo i missili, Gheddafi ci spara con la mitragliatrice… la nostra

14 Settembre 2010 0 Di redazione

Che Gheddafi sia stato sempre pronto ad impuganre le armi e ad utilizzarle contro l’Italia non è certamente un fatto nuovo. Lo fece già il 15 aprile 1986 quando scagliò contro l’isola di Lampedudsa due missili. Erano altri tempi ma, almeno quelle armi non erano state un dono di chi le avrebbe dovute subire. A distanza di 24 anni, molto è cambiato: l’Italia e la Libia sono amici, ma Gheddafi continua a sparare contro i suoi “amici”. Questa volta però, le armi gliele ha donate lo stesso governo italiano. Una forma di masochismo che sembra piacere agli italiani dato che dai governanti arrivano solamente scuse che possano giustificare quanto accaduto domenica sera in acque internazionali del Mediterraneo. Una vicenda che lascia di stucco anche i più accaniti estimatori dell’accordo Italo Libico grazie al quale, l’Italia ha dotato di motovedette armate e personale addestrativo, la Libia di Gheddafi con lo scopo di contrastare il fenomeno degli sbarchi di clandestini che dalle sponde libiche, arrivano su quelle italiane. Un paradosso però che non ha tardato a mostrarsi dato che domenica sera, un motopeschereccio italiano, “Ariete” della flotta di un armatore di Mazzara del Vallo, è stato il bersaglio delle mitragliatrice che arma proprio una di quelle motovedette. Ma non solo, a bordo del natatante aggressore, che batte bandiera libica e comandata da libici, vi erano anche uomini della guardia di finanza. Viene quindi da chiedersi, ma cosa sta accadendo? Le forze armate italiane non dovrebbero difendere gli italiani in qualsiasi parte del mondo? Invece, a quanto pare, il leader libico, evidentemente miglior stratega dei leader italiani, ha utilizzato quei mezzi per far valere un principio da lui stesso stabilito: cioè che le acque territoriali libiche siano estese anche ad una fetta di acque internazionali. A farne le spese è stato Ariete e il suo equipaggio che, sapendo cosa sarebbe accaduto se fossero finiti nella mani degli africani (arresto e sequestro della barca hanno preferito rischiare il fuoco “amico” degli italo-libici e fuggire. Il ministro degli interni Maroni, questa mattina, ha tentato di far passare la vicenda come un incidente ma a smentirlo è stato lo stesso capitano del motopeschereccio che ha riferito come quegli uomini sparassero ad altezza uomo colpendo la nave e rischiando, oltre al ferimento dell’equipaggio, anche di farla saltare per via della presenza di bombole di gas. Il ministro degli esteri, Frattini, oltre a ribadire che le regole di ingaggio in mare devono essere chiare, rimarca come il comandante del motopeschereccio sapesse di pescare illegalmente. Quasi una forma di responsabilità attribuita al pescatore. Ma è tutto il Governo, o buona parte di esso, che cerca di stemperare i toni, mentre però, dalla Libia, non sono arrivate vere e proprie scuse, men che mai dal leader libico. L’attacco più duro al governo arriva dalla Chiesa nella veste del vescovo di Mazzara del Vallo. Monsignor Mogavero che ha parlato di inerzia, quella che sta contraddistinguendo il governo italiano sulla vicenda.
Ermanno Amedei