Dire “Lei non capisce un c.zz.” al proprio datore di lavoro non è reato, assolto dipendente

23 Ottobre 2010 0 Di Natalia Costa

“Lei non capisce un c…”.
Dirlo al datore di lavoro si può. Almeno secondo una sentenza emessa dal giudice di Pace del Tribunale di Frosinone che si è appellato al “gergo comune” sdoganando quella che potrebbe essere considerata una frase ingiuriosa.
E così infatti l’aveva interpretata il titolare di un’agenzia di sicurezza privata che durante un’animata discussione con un suo dipendente si ritrovò investito proprio da questa frase dove l’incipit, un forbito Lei, strideva con la parola finale, dal significato diretto.
Troppo diretto tanto che il titolare denunciò il suo dipendente per ingiurie. In primo grado arrivò la condanna ma il legale del dipendente, l’avvocato Nicola Ottaviani del foro di Frosinone, si appellò e ci fu l’annullamento per un vizio procedurale.
Il processo fu rimesso così al giudice di pace. Non solo ma la difesa ha argomentato che quella frase, seppur colorita, non può più essere considerata reato perché “rientra nel gergo comune”.
E per avvalorare l’ipotesi difensiva l’avvocato si è appellato all’orientamento di circa due anni fa della Corte di Cassazione su un “vaffa….” considerato non più reato. Così ieri il giudice di Pace del Tribunale di Frosinone ha riconosciuto quella frase non ingiuriosa.
Tamara Graziani