L’Italia era desta: il fisco l’ha uccisa

15 Aprile 2011 0 Di redazione

Dall’Ufficio Stampa Federcontribuenti Nazionale riceviamo e pubblichiamo:
Non è soltanto una protesta e non è la protesta contro qualcosa che non merita attenzione. Questo è un segnale, chiaro, inequivocabile. Un urlo che lacera la notte buia di un Italia che non riesce ad emergere. Colpa dell’ignavia politica, colpa delle sigle che non riescono ad unirsi, colpa dei cittadini che hanno scelto una epoca e forse una nazione, sbagliata. Disordine, mancanza di normative, una Italia che arranca, sopravvive, che scivola nelle sabbie mobili. Una Nazione che non ha una economia salda, indipendente, è una Nazione morta. L’Italia era desta, oggi, è in rianimazione. Ma perchè questa politica non interviene, perchè questa politica non freme dal desiderio di servire i suoi elettori, ma perchè non si capisce l’urgenza ad intervenire tempisticamente e con misure gravi come grave e pericoloso è il nemico da combattere. Una Nazione che non sa difendere il diritto al lavoro è una Nazione che non merita di definirsi tale. Il lavoro si crea e si tutela: si tutela con politiche fiscali e tributarie. Questa non è una protesta, è una richiesta di aiuto. Cosa chiede questa Nazione:
di poter vivere lavorando e pagando tasse giuste. Cosa fa questa classe politica: toglie il lavoro e attua un carico fiscale e una riscossione illogica, controproducente. Micidiale per tutta la popolazione. Allora si reagisce in mille modi diversi: nei casi più estremi ci si suicida. In altri si denuncia, si lotta, si instaura un braccio di ferro tra cittadino e Stato. Perchè, l’ente debitore è lo Stato, quello stesso Stato che non tutela né il cittadino nella sua forma privata né il suo lavoro, l’unico strumento attraverso il quale può onorare il fisco. Un paradosso. Si esigono tasse sempre più care ma si attacca, spesso uccidendolo, il diritto al lavoro. Se non si lavora, come è possibile pagare le tasse? Ad Equitalia, società di diritto privato ma a partecipazione pubblica non interessa.
Equitalia è lo Stato e viceversa: tutto avviene attraverso il ministro dell’economia. Il ministro aumenta le tasse: il governo non decreta leggi che favoriscano il lavoro, che aiutino le imprese in difficoltà, che regolamentino la delocalizzazione delle grandi imprese. Chiudono quindi le aziende lasciando a casa gli italiani, alla meno peggio gli si concede la cassa integrazione, in qualunque caso si vive con uno stipendio da fame. Fare la spesa o pagare le tasse? Rinunciare al dentista per pagare il fisco? Mangiare di meno? Vestirsi di stracci? Equitalia non se lo domanda ed interviene con mano ferma: ti toglie la macchina, i macchinari in fabbrica, rileva imprese e toglie la casa. Storia finita.

E poco importa se la stessa Equitalia è stata più volte raggiunta da notizie di cronaca giudiziaria che la coinvolgevano direttamente, poco importa se il padre di Equitalia è il responsabile dell’Agenzia delle Entrate. Poco importa se tutto è parte di un grande disegno di conflitto di interesse. Se non hai un nome, se non sei uno famoso, importante, non ti resta che perire all’ombra dello Stato, propagandato come bello, giusto e civile, in realtà assassino e traditore. Tutto questo lo denuncia la Federcontribuenti, da anni attiva in questo campo, sempre tenuta ai margini, inascoltata, ostacolata. Non soltanto lo denuncia, ma, lo porterà a Roma, domani 16 aprile, all’Hotel Universo in via Principe Amedeo, a due passi dalla Stazione Termini, alle ore 10,30. Un convegno dove interverranno le vittime del fisco e del tributo, esperti in economia, cittadini e sigle a difesa dei contribuenti. Soltanto in Sardegna sono circa 70 mila le aziende che rischiano il tracollo a causa dell’indebitamento con le banche e con Equitalia.

Pagine: 1 2