Ivano Fossati parla di “Decadancing”

17 Ottobre 2011 0 Di redazione

Viaggio molto. Anzi, negli ultimi dieci anni viaggiare è diventato ancora più importante, mi aiuta a capire sempre meglio. Decadancing non è autobiografico e non è un reportage. Ma quello che ho visto e continuo a vedere intorno a me, una volta fuori dall’Italia, mi fa riflettere. Si può rimanere indietro perché si resta attoniti davanti alla crisi che non si ferma, davanti alla politica così distante da noi.
Abbiamo bisogno di una nuova emigrazione? Sembra un paradosso, visto che accogliamo con alterne fortune chi vuole venire a vivere qui, ma andare via, darsi una seconda, per alcuni può diventare fondamentale.
Non so che effetto faranno le mie idee fra qualche anno. Ma nel momento in cui scrivo vedo tanti italiani e italiane in giro per l’Europa, e li vedo lavorare, crescere, e integrarsi. Non è vero che doversene andare dal nostro Paese ti mette in una condizione psicologica di malessere. Non è più vero. Da un capo all’altro del continente ci sono tanti di noi, molto più giovani di me, che fanno bella figura. Soprattutto con se stessi. Esattamente come in Francia, a Nizza, dove passo molto del mio tempo, avverto una capacità maggiore della nostra, in Italia, a convivere: europei, africani, asiatici. Eppure sto parlando di poche centinaia di chilometri dalla Liguria, che ai traffici e alle migrazioni è abituata da secoli.
Quando ho cominciato a pensare a questo album, in realtà ho continuato a elencare mentalmente quello che mi stava davanti agli occhi tutti i giorni. Potrei dire che l’ho visto con maggiore evidenza in giro per l’Europa, ma non è del tutto vero. Anche dal proprio punto di osservazione abituale, cioè da casa propria, si possono cogliere gli aspetti determinanti di quello che probabilmente sarà il futuro. Ma nessuno passa il tempo a indovinare il futuro. La gente lavora, manda i figli a scuola, si perde nel traffico, si ammala, si cura, va in vacanza, si incontra, si ama. Non c’è libro né canzone che possa contenere tutto questo. E non c’è abbastanza tempo. Così succede che i momenti migliori della nostra vita, quando siamo pieni di slancio e coraggio, sono proprio quelli che nessuno ricorderà mai, a parte noi.
In Laura e l’avvenire c’è una coppia: hanno perso il lavoro, lui l’abbraccia e le dice che ora quel posto non fa più per loro, che bisogna andarsene e cambiare di nuovo. Ma tutti e due lì per lì non hanno paura. Se diventeranno due eterni precari o passeranno la linea di qualche frontiera nella canzone non lo dico perché non lo posso immaginare neanch’io. Ve la figurate la disperazione che, piano piano, fa posto alla speranza? Vi sembra di vedere cose simili in giro?
Il disco è abitato da personaggi che se ne vanno, che cambiano, ma soprattutto sono disposti ad accettare la possibilità di uno strappo. Perchè nessuno ti aiuta a risolvere diversamente la tua vita, così il futuro te lo devi costruire. Ci sono posti in cui si può ancora scegliere riguardo al proprio futuro. A volte ho l’impressione che i vecchi si trovino solo qui, in Italia, e che i giovani siano tutti da un’altra parte. Naturalmente non è così. E anche chi non emigrerà mai non deve sentirsi meno di chi lo farà. Ma pensare a una seconda chance è importante, non è qualcosa che si possa rimandare, sottovalutare o snobbare. Né si deve averne paura.
La coppia protagonista di Un Natale borghese invece non pensa a partire, loro sono sicuri di quello che hanno conquistato, il mondo è fuori dalla finestra dove nevica ma non li riguarda. Hanno un’altra età, si tratta di un’altra generazione piena di troppe certezze. Sono stati fortunati ma si illudono di esserlo molto di più e di poter vivere senza che il mondo li tocchi, neppure al telefono.
Ma torniamo a chi si muove. Certo, potendo scegliere a parità di condizioni uno preferisce rimanere a casa propria. E chi ha una famiglia, figli, un mutuo da pagare, difficilmente sarà disposto a mollare tutto in nome di una nuova avventura. Se avessi un figlio di 18 anni – ne ho uno molto più grande – gli consiglierei di guardarsi intorno: si accorgerebbe che l’Europa, come minimo, è l’estensione di casa sua. Gli direi che le somiglianze, con le persone come con la natura, sono tutto e che non esistono tradimenti verso il proprio Paese quando si vive lontano onestamente. Lì è solo dove la tua vita ti ha portato a essere.
In questo nostro clima da tardo impero se la lingua che parliamo è in decadenza, se politica e morale sono già decadute, il lavoro manca e la cultura – la musica in particolare – ricopia se stessa fino allo sfinimento, i ragazzi guardano oltre le frontiere con speranza, e io non farei niente per trattenerli, questo è lo spirito de La Decadenza.
In La terra del vento racconto di un altro uomo che se n’è andato via, in un’isola greca. Se volete mi trovate qui, la gente mi ama, tutto quello che conta è che sono qui che ti aspetto: ecco cosa manda a dire all’unica persona rimasta dall’altra parte della sua vita. Ecco, questo è un piccolo elenco di persone che stanno fuori. Ce ne sono tante.
Forse, non a caso, Tutto questo futuro che è l’ultima canzone del disco si conclude con l’immagine di una notte che sta finendo e una pioggia che ha appena smesso di cadere.
Nonostante tutto, però, questo non è un album autobiografico. Non parlo di me ma di quello che mi sembra di aver capito in tutto questo tempo insieme agli altri.
I.F. (Ivano Fossati)
Insieme a Ivano, che in Decadancing suona pianoforte, chitarre elettriche e slide, chitarra acustica, flauto, armonica a bocca, i suoi musicisti:
Pietro Cantarelli (pianoforte, Fender Rhodes, wurlitzer, Hammond, chitarre elettriche e acustiche, fisarmonica e voce), Claudio Fossati (batteria), Riccardo Galardini (chitarre acustiche, elettriche, nylon, dobro, vihuela), Max Gelsi e Guido Guglielminetti (basso elettrico), Fabrizio Barale (chitarre elettriche e slide, E-bow), Gian Guido Ponzini (viola da gamba), Mercedes Martini e Gaetano Civello (voce) e l’Orchestra d’archi Edodea Ensemble con il primo violino Edoardo De Angelis ne La Terra del vento.
Registrato e mixato da Marti Jane Robertson negli studi: La Fabrique Studios (Saint Remy de Provence, Francia), Hook End Manor Studios (Checkendon, Inghilterra), Metropolis Studio (Londra).