Legambiente, sconfiggere le Ecomafie per rilanciare il Lazio

28 Ottobre 2011 0 Di redazione

Dall’Ufficio stampa Legambiente Lazio riceviamo e pubblichiamo:

Legambiente: ecoreati nel Lazio preoccupano, sia per aggressione al territorio con cemento e rifiuti, sia per radicamento criminalità. Sostenere enorme lavoro forze ordine e procure, creare capitolo vincolato per bonifiche con fondi sequestrati agli ecomafiosi.

11.274 infrazioni in campo ambientale nel quadriennio 2007-2010, una media di 7,7 infrazioni al giorno, 9.274 le persone denunciate -più di un terzo delle denunce nel 2007-, 3.299 sequestri e 75 arresti. Sono questi i dati che scaturiscono dal confronto degli ultimi quattro anni del “Rapporto Ecomafia” realizzato da Legambiente grazie alla preziosa e fondamentale collaborazione delle Forze dell’Ordine e della Magistratura, presentato nell’ambito del convegno organizzato dal titolo “Sconfiggere le Ecomafie per rilanciare il Lazio” tenutosi presso la sede della Provincia di Frosinone alla presenza di numerose autorità della Regione Lazio.

Dopo il 2009, anno in cui si è consumato il maggior numero di illeciti ambientali con ben 3.469 infrazioni di vario tipo, è stato il 2010 l’anno con il numero più alto di infrazioni, 3.124, ovvero 8,5 al giorno; segue il 2007 con 2.595 infrazioni e una media di 7,1 reati al giorno ed infine il 2008 con 2.086 illeciti, ovvero 5,7 al giorno. Numeri che ci consegnano il quadro di una regione stretta nella morsa delle piccole e grandi illegalità ambientali, diffuse trasversalmente nei settori più diversi, dal ciclo dei rifiuti a quello del cemento, dall’abusivismo edilizio agli incendi boschivi.

Dagli scarichi industriali della Valle del Sacco alle cave di Viterbo, dai pacchi di eternit ritrovati lungo le sponde del Lago del Salto ai rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi di Lisciano, la nostra regione è aggredita in primo luogo dallo smaltimento illegale dei rifiuti, che conta 1.243 infrazioni accertate tra il 2007 e il 2010, con 1.372 denunce, 45 arresti e 658 sequestri. Ma è altrettanto fosco anche il quadro dei reati legati al ciclo del cemento: 2.664 infrazioni accertate tra il 2007 e il 2010, 4.334 le denunce, 1.382 sequestri e un arresto. È la provincia di Latina la più colpita dall’illegalità nel settore edilizio, aggravata anche dalla forte pressione esercitata dalla criminalità organizzata mafiosa. Particolarmente esposti i comuni all’interno del Parco nazionale del Circeo, dove si contano 1,2 milioni di metri cubi fuori legge, 2 abusi edilizi per ettaro.

“Gli ecoreati nel Lazio sono davvero preoccupanti, sia per l’aggressione al territorio con cemento e rifiuti soprattutto, sia per il radicamento della criminalità -hanno dichiarato Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio, e Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio-. Va sostenuto l’enorme lavoro delle forze dell’ordine e delle procure, ha ragione il Questore di Frosinone quando dice che vanno attaccati i patrimoni della criminalità che ricicla nel Lazio denaro sporco, allo stesso tempo si devono dare strumenti per chiudere gli importanti processi che si aprono e che rischiano in più di un caso la prescrizione, come a Viterbo sulle cave invase da rifiuti e nella Valle del Sacco per il disastro ambientale. I cittadini vanno coinvolti, come è avvenuto con l’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente in questi anni, e speriamo perciò che la Regione Lazio voglia presto rinnovare il sostegno a questa iniziativa. I criminali devono pagare però con reati penali, mentre i territori più colpiti dalle ecomafie nella nostra regione vanno bonificati, per questo chiediamo che i fondi sequestrati agli ecomafiosi vengano conferiti in parte in un capitolo vincolato a questi obiettivi di risanamento ambientale.”

In Provincia di Frosinone, sono numerosi i casi di aree sequestrate per inquinamento: a Patrica, dove sono stati rilevati nel sottosuolo di fusti, materiale metallico e plastico, come a Ceprano nei pressi del fiume Cosa, oppure nella zona del Rio Santa Maria. La provincia di Latina è, invece, la più colpita dall’illegalità nel settore edilizio, dove sono particolarmente esposti i comuni all’interno del Parco nazionale del Circeo, Sabaudia e San Felice Circeo in primis, nei quali esistono ben un milione e duecentomila i metri cubi fuori legge. Colpiscono le infrazioni accertate nell’ultimo anno in provincia di Roma per reati che riguardano i rifiuti, che portano questo territorio al terzo posto della classifica delle province in Italia per questi fenomeni, ma Roma e la provincia, secondo la Direzione Nazionale Antimafia, interessano le organizzazioni di stampo mafioso soprattutto per le opportunità economiche, tramite ad esempio l’acquisizione di rilevanti attività commerciali e imprenditoriali, e una “violenza eccessiva ed incontrollata” come ha affermato il Procuratore Capo della Capitale. Rieti nell’ultimo anno arriva al 47° posto nella classifica delle illegalità ambientali con 216 illegalità, mentre Viterbo si piazza al 66° posto con 154 illeciti.

Anche sul fronte dell’abusivismo si evidenzia nel Lazio un problema davvero serio: dal 2004 al 2009 sono stati perpetrati 41.588 abusi edilizi secondo dati della stessa Regione, con una media di 20 al giorno, il 22% di questi si concentra nei 23 comuni costieri della regione, in aree vincolate paesaggisticamente, dove un immobile vale sul mercato in media il 30% in più rispetto a edifici costruiti in aree di minor pregio ambientale. Arrivano però anche segnali fortemente positivi, raggiunti anche grazie all’impegno di Legambiente: ormai nel dicembre di quattro anni fa, veniva abbattuto l’ecomostro dell’Isola dei Ciurli, il più grande del Lazio, una grande vittoria per la legalità, per Legambiente e per tutti i cittadini della nostra Regione.

“Inquinamenti, abusivismo, infiltrazioni nell’economia, danno il segno di quanto sia preoccupante la commistione di interessi che si va consolidando e che va stroncata immediatamente con una forte risposta istituzionale –hanno affermato Valentina Romoli, coordinatrice del Centro di Azione Giuridica di Legambiente Lazio, e Francesco Raffa, coordinatore provinciale di Legambiente a Frosinone-. I dati confermano nel tempo un probabile aumento della gravità dei reati, con la diminuzione degli arresti che fa pensare a pene detentive più gravi come la reclusione, e un elevato numero di sequestri che evidenzia la necessità di importanti misure cautelari. Per punire davvero fino in fondo chi compie delitti ambientali, vanno inseriti nel codice penali fattispecie specifiche, per battere gli scempi che danneggiano il nostro patrimonio ambientale.”

Serve una nuova cultura della legalità, per questo è fondamentale l’impegno nell’ascoltare e dare risposte ai cittadini con strumenti come l’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente Lazio, che ha compiuto un enorme sforzo nel triennio 2008-2011: sono giunte al numero verde 800-911856 ben 452 segnalazioni, di cui 352 provenienti da Roma e Provincia, 43 dalla Provincia di Latina, 21 dal frusinate, 16 dal reatino e altrettante dal viterbese. Inoltre, solo nel corso dell’ultima campagna di educazione alla legalità ambientale tenutasi nel 2010, sono stati coinvolte 44 scuole, 82 classi e 1.141 studenti, per un totale di 41 incontri.

Hanno partecipato, tra gli altri, Antonio Menga, Roberto Piccinini, Ing. Giorgio Morelli, Luciano Perotto, Roberto Della Seta, Marco Galli, Arturo Gniesi, Michele Marini, Anna Natalia, Fabio Magliocchetti, Giovanni Pizzuti.

Il Convegno “Sconfiggere le Ecomafie per rilanciare il Lazio” è un appuntamento verso il IX Congresso di Legambiente Lazio (Roma, 12/13 Novembre 2011 – Sala Auditorium Ara Pacis).

LA FOTOGRAFIA DELLA CRIMINALITA’ AMBIENTALE NELLA NOSTRA REGIONE.

Nel dicembre di quattro anni fa, veniva abbattuto l’ecomostro dell’Isola dei Ciurli, il più grande del Lazio: una grande vittoria per la legalità, per Legambiente e per tutti i cittadini della nostra Regione.

Un monito importante nei confronti di tutte le illegalità commesse sui nostri territori ed al contempo un modello da seguire e da perseguire.

Una situazione di cui in più occasioni, le recenti cronache evidenziano la gravità, ma un circuito che può essere spezzato ed interrotto, come per contro ci ha dimostrato l’intenso lavoro portato avanti dalle Forze dell’Ordine e della Magistratura in questi anni per la tutela della cittadinanza dalla forte escalation di reati ambientali.

Un lavoro fondamentale che va portato avanti e supportato, anche a livello istituzionale.

La recente approvazione del decreto legislativo in tema di responsabilità da reato degli enti, è stata un’occasione persa per cogliere anche l’opportunità di introdurre nel nostro codice pennale i delitti contro l’ambiente.

In assenza di tale importante “cassetta degli attrezzi”, quello che è possibile scattare è una fotografia del quadro dell’illegalità ambientale nella nostra Regione.

Secondo i dati degli ultimi Rapporti Ecomafia realizzato da Legambiente, tra il 2007 ed il 2010, nella nella Regione Lazio, sono state accertate 11.274 infrazioni in campo ambientale, in media 7,7 infrazioni al giorno. Numeri che ci consegnano il quadro di una Regione ormai stretta nella morsa delle piccole e grandi illegalità ambientali.

Come testimonia l’analisi delle diverse edizioni del Rapporto Ecomafia relativo al quadriennio 2007-2010, l’anno in cui sono stati perpetrati il maggior numero di illeciti è il 2009 con 3.469 infrazioni e per una media giornaliera di 9,5 seguito dal 2010 con 3.124 illeciti, ossia 8,5 al giorno, poi il 2007 con 2.595 infrazioni con una media di 7,1 al giorno ed infine il 2008 con 2.086 illeciti, ovvero 5,7 al giorno, come riportato nella tab. n. 1 che segue.

Tab. n.1 Infrazioni accertate 2007-2010

Anno

Infrazioni
accertate

Media
giornaliera

2007

2595

7,1

2008

2086

5,7

2009

3469

9,5

2010

3124

8,5

Totale

11.274

7,7

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Per quanto riguarda invece le persone denunciate, nel quadriennio 2007-2010, sono state denunciate all’autorità giudiziaria ben 9.274 persone, ovvero 6,6 persone al giorno.

Il picco si è avuto nel 2008, con 3.245 persone denunciate, con una media annuale pari a 8,8, come mostrano i dati riportati nella tabella n. 2 che segue.

Tab.
n. 2 Persone denunciate 2007-2010

Anno

Persone
denunciate

Media
giornaliera

2007

3245

8,8

2008

2234

6,1

2009

2248

6,1

2010

1997

5,4

totale

9.724

6,6

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Sul versante degli arresti, invece, negli ultimi 3 anni sono state 75 le persone arrestate.

Tab
. n. 3 Persone arrestate 2007-2010

Anno

Persone
arrestate

2007

27

2008

13

2009

30

2010

5

Totale

75

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Per quanto concerne i sequestri effettuati, fra il 2007 ed il 2010, sono stati portati a compimento 3.299 sequesti, ovvero 2, 2, sequestri in media, al giorno, con picchi fino a 2,5 al dì nel 2010 come mostrano i dati della tabella n. 4 che segue.

Tab
.N. 4 Sequestri effettuati 2007-2010

Anno

Sequestri
effettuati

Media
giornaliera

2007

714

1,
9

2008

915

2,
5

2009

919

2,
5

2010

751

2

totale

3.299

2,
2

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Sul
versante del ciclo dei rifiuti, la cronaca recente, è purtroppo ricca di vicende riguardanti vicende giudiziarie legate a questi temi.

A farne le spese, come sempre accade in questi casi, sono alcuni fra i territori fra i piùbelli della nostra Regione, spesso irrimediabilmente compromessi dall’inquinamento ambientale causato dallo smaltimento illecito dei rifiuti, ma anche imprenditori e comuni cittadini vittime di questi circuiti illegali nello smaltimento dei rifiuti, che soffocono l’economia legale e mettono in serio pericolo la salute dellla cittadinanza.

In Provincia di Frosinone, solo nello scorso mese di settembre, abbiamo assistito ad importanti operazioni di polizia giudiziaria su questi temi.

Come ha ricordato nei giorni scorsi il Questore di Frosinone “la fase del tentativo di infiltrazione camorristica in questo territorio è stata superata da tempo.Ora siamo alla seconda fase quella del radicamento conclamato”.

Ed a queste importanti affermazioni del Dott. De Matteis, fanno proprio eco le più recenti e drammatiche cronache provenienti dal frusinate.

A Ceprano i Carabinieri della stazione locale, nell’ambito di un servizio finalizzato alla repressione dei retai ambientali hanno scoperto che l’impianto per lo smnaltimento dei rifiuti ubicato nel centro cittadino, era privo di un previsto piazzale in cemento destinato
allo stoccaggio secondario. Il responsabile dell’impianto ed il responsabile tecnico dello stesso, sono stati quindi deferiti all’Autorità Giudiziaria.

E sempre a Ceprano, nell’ambito dell’operazione denominata “Bring to light” gli uomini della Guardia di Finanza, coordinati dalla procura della Repubblica di Frosinone, nei mesi scorsi hanno sequestrato un’area industriale di 40.000 metri quadrati situata nei pressi del fiume Cosa, ove sono stati rinvenuti numerosi fusti interrati contenenti materiale altamente inquinante. E nel frattempo, accanto a queste operazione, ne sono state condotte altre, di notevole importanza che hanno riguardato ancora una volta il fiume Sacco.

Su delega della Procura della Repubblica di Frosione, i Carabinieri del Comando Provinciale di Frosinone, hanno avviato un’intensa attività di controllo sul territorio della Valle del Sacco, anche con l’ausilio tecnico del Comando Carabinieri Tutela Ambiente, che ha portato, nei giorni scorsi, nel comune di Patrica, al sequestro
preventivo di un’area verde di pertinenza di un locale sito industriale, rilevando la presenza nel sottosuolo di fusti, materiale metallico e plastico.

Non solo. Lo scorso settembre, i carabinieri di Anagni hanno deferito all’autorità giudiziaria l’amministratore unico di una delle numerose società operanti nella locale zona industriale, sospettato di aver cagionato l’inquinamento del Mola Santa Maria, uno dei corsi acqua più importnati che affluisce all’interno del
Fiume Sacco.

Dopo gli accertamenti, nell’ambito dell’attività avviata su disposizione del Comandante Provinciale dei Carabinieri di Frosinone e coordinata dal Procuratore della Repubblica di Frosinone, l’azienda è risultata inadempiente alle periodiche e prescritte verifiche sui punti di emissione in atmosfera, nonché al piano
di gestione e manutenzione dei sistemi di captazione delle emissioni e la tenuta di documentazione e di appositi registri relativi ai dati delle acque e ai fanghi trattati.

Una situazione, quella della Valle del Sacco, che, a distanza di ormai quasi 6 anni dai fatti del marzo 2005 che l’hanno travolta, rimane drammatica. “Cagionavano per colpa generica e specifica un disastro ambientale, contaminando siti della Valle del Sacco destinati a insediamenti abitativi, agricoli e di allevamento, derivandone pericolo per pubblica incolumità, segnatamente per la pubblica salute, nonché l’avvelenamento delle acque del fiume Sacco destinate alla irrigazione dei terreni circostanti e all’abbeveraggio degli animali bovini e ovini ivi allevati con conseguente avvelenamento di sostanze destinate alla alimentazione umana (latte), prima che
fossero distribuite per il consumo.” È con queste motivazioni che il pubblico ministero del Tribunale di Velletri, ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti degli imputati per il disastro ambientale perpetrato ai danni della Valle del Sacco.
Insieme ad altre associazioni, Legambiente Lazio si è
costituita parte civile nel processo che si è aperto dopo anni di indagini.

E’ fondamentale e prioritario ottenere un risarcimento che, lungi dall’essere la mera monetizzazione del danno, sia in grado di garantire alla collettività le risorse necessarie per ottenere una completa bonifica dell’area.

E sul piano del ciclo illegale dello smaltimento dei rifiuti, presso la Procura della Repubblica presso il tribunale di Viterbo, pende tutt’ora il più grande processo che si sia mai celebrato nella nostra Regione in tema di ecomafia, fondato sull’art 53 bis del decreto Ronchi, poi di recente trasfuso nell’art 260 del T.U. Ambientale e rubricato proprio“attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti”. Esso, prende
il via dall’Operazione di Polizia giudiziaria “Giro d’Italia, ultima tappa Viterbo”, durata trenta mesi e conclusasi nel maggio 2005. Durante le indagini, gli inquirenti hanno scoperto e
sgominato un traffico di 250mila tonnellate di rifiuti speciali, pericolosi e non, provenienti da mezza Italia e aventi come destinazione finale Viterbo, per un giro d’affari pari a 2, 5
milioni di euro.

Le indagini, coordinate dalla Procura e condotte dal Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente, hanno portato a smantellare un’articolata organizzazione criminale che operava una sistematica manipolazione e miscelazione dei rifiuti prodotti da aziende del Lazio, Veneto, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Umbria,
Toscana, Emilia Romagna e Campania. I rifiuti, costituiti da fanghi di cartiera, terre inquinate da Pcb, ceneri di acciaieria, rifiuti farmaceutici e contenenti alte concentrazioni di zinco, piombo e nichel, viaggiavano accompagnati da certificazioni false, fornite da un compiacente laboratorio d’analisi, e venivano poi smaltiti
in tre ex cave in ripristino ambientale.

Nel corso delle indagini, nove persone sono state arrestate e 28 sono state denunciate con l’accusa di attività organizzata al traffico illecito di rifiuti, gestione illecita di rifiuti e falso in atto pubblico.

Un processo, che vede coinvolti come imputati 15 soggetti dell’organizzazione ecomafiosa e , dall’altra parte vede una grande mobilitazione da parte di quanti fra cittadini, associazioni ed istituzioni sono stati lesi dalle condotte degli ecocriminali, per un totale di oltre 50 parti civili fra cui Legambiente Regionale e Legambiente Provinciale di Viterbo.

A novembre e dicembre prossimi, sono state fissate le nuove udienze. I magistrati della Procura del capoluogo viterbese, gli avvocati delle parti civili , sono determinati ad arrivare fino in fondo per arrivare a far luce su questa drammatica vicenda che ha colpito questi splendidi territori. Su di essi e sulla verità processuale che dovrà emergere, incombe purtroppo la prescrizione. La certezza e l’asuspicio è che si arrivi ad avere una sentenza di primo grado prima che, questa scure colpisca il processo.

Un processo, lo ricordiamo, in cui un ruolo fondamentale in sede di indagini preliminari è stato giocato dalle intercettazioni. Esse rimangono il mezzo di ricerca della prova più indispensabile nel contrasto dei crimini ambientali.

Come ha ricordato l’Associazione Nazionale Magistrati in una sua recente nota stampa “è nostro dovere denunciare nuovamente che con le nuove norme approvate dal Senato sarà molto più difficile la lotta al crimine da parte delle forze dell’ordine e della magistratura inquirente, mentre gli uffici giudiziari verranno travolti da adempimenti burocratici che renderanno oggettivamente impossibile il funzionamento del sistema”.

Non solo Fiume Sacco, non solo le cave di Viterbo, la nostra Regione è aggredita quotidianamente da una serie vastissima di aggressioni al patrimonio ambientale, che comunque colpiscono la salubrità ambientale e feriscono la coscienza civica di tutti.

Grazie agli Uomini della Guardia di Finanza, a Latina è stata portata avanti un’operazione tesa a sgominare ecomafiosi che cercavano terreni per piazzare rifiuti pericolosi, addirittura con una apposita società immobiliare, e individuavano anche terreni di proprietà pubblica.

Un’operazione che ha portato al sequestro di sette discariche disposte su 15mila mq di terreno per un totale di 4mila quintali di rifiuti, per la maggior parte tossici e pericolosi. Un ricco bottino per la Guardia di Finanza di Latina, che ha scoperto un traffico illecito di rifiuti e loro sversamento illegale in terreni di proprietà di una
S.r.l. nella zona tra Pontinia e Priverno, nei pressi del fiume Ufente. Le indagini, ancora in corso, stanno valutando, tra l’altro, l’ipotesi di infiltrazione mafiosa legata al clan dei Casalesi. Non è il primo caso di ecomafia legata al ciclo dei rifiuti che si verifica nell’agro pontino: pochi anni fa, grazie alle rivelazioni del collaboratore di giustizia Schiavone recentemente ripetute, si è scoperto che anche a Borgo Montello – la discarica di Latina-
sarebbero arrivati numerosi contenenti rifiuti di ogni sorta, comprese pericolose scorie radioattive.

Dai pacchi in eternit abbandonati la scorsa primavera a Borgorose, proprio lungo le sponde del bellissimo Lago del Salto e rinvenuti dagli Uomini del Corpo Forestale dello Stato, ai rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi rinvenuti dagli agenti della Forestale di Lisciano che, nel corso delle indagini, hanno riscontrato violazione
della norma in materia di smaltimento di rifiuti, deferendo una persona ritenuta coinvolta nei fatti alla procura della Repubblica di Rieti.

La fotografia scattata dal Rapporto Ecomafia 2007-2010 di Legambiente, proprio in tema di smaltimento illegale dei rifiuti, mostra un totale di 1.243 infrazioni accertate in questo quadriennio, con un numero di
persone deferite all’autorità giudiziaria pari a 1.372, con 45 arresti e 658 sequestri effettuati
, come si evnince dalle tabelle n. 5, 6, 7, 8 che seguono.

Tab.
n. 5 CICLO DEI RIFIUTI – Infrazioni accertate 2007-2010

Anno

Infrazioni
accertate

2007

288

2008

291

2009

288

2010

376

totale

1.243

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Tab.n.
6 CICLO DEI RIFIUTI .Persone denunciate 2007-2010

Anno

Persone
denunciate

2007

354

2008

358

2009

319

2010

341

totale

1.372

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Tab.n.
7 CICLO DEI RIFIUTI – Persone arrestate. 2007-2010

Anno

Persone
arrestate

2007

22

2008

11

2009

23

2010

0

totale

45

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Tab.
n. 8 CICLO DEI RIFIUTI, sequestri effettuati – 2007-2010

Anno

Sequestri
effettuati

2007

137

2008

172

2009

180

2010

169

totale

658

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

E la la piaga dell’illegalità ambientale si riverbera in maniera forte e preoccupante anche nel cosiddetto ciclo del cemento. Secondo la fotografia scatatta dall’analisi dei Rapporti Ecomafia dell’ultimo quadriennio, nel Lazio sono state commesse 2.664 infrazioni, sono state deferite all’autorità giudiziaria 4.334 persone, una persona è stata arrestata e sono stati effettuati 1.382 sequestri, come si evince dalle tabelle che seguono n. 9, 10, 11.

Tab.
n. 9 CICLO DEL CEMENTO . Infrazioni accertate 2007–2010

Anno

Infrazioni
accertate

2007

288

2008

774

2009

881

2010

721

totale

2.664

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Tab.
n. 10 CICLO DEL CEMENTO . Persone Denunciate 2007–2010

Anno

Persone
denunciate

2007

875

2008

1327

2009

1219

2010

913

totale

4334

Fonte:
Elaborazione
dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Tab.
n. 11 CICLO DEL CEMENTO.Sequestri Effettuati 2007-2010

Anno

Sequestri
effettuati

2007

286

2008

467

2009

360

2010

269

totale

1.382

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Una
fotografia, dietro alla quale ci sono storie e vicende importanti di aggressione e scempi in danno dei nostri territori.

La provincia di Latina è la più colpita dall’illegalità nel settore edilizio e subisce anche una forte pressione della criminalità organizzata mafiosa, soprattutto di origine campana.

Particolarmente esposti i comuni all’interno del Parco nazionale del Circeo, Sabaudia e San Felice Circeo in primis. Un’intera area dove si è costituito e ramificato un vero “sistema criminale”che l’associazione antimafia Libera non ha esitato a chiamare la “Quinta mafia”, che ha soprattutto nel ciclo del cemento la sua manifestazione più eclatante.
Basti pensare che nel Parco nazionale del Circeo sono un milione e duecentomila i metri cubi fuori legge, 2 abusi edili per ogni ettaro; secondo gli investigatori, una parte è imputabile, direttamente o indirettamente, a esponenti della malavita organizzata e a quel sottobosco politico/economico che sta suscitando grande
attenzione negli inquirenti. Due esempi. Il primo è
l’operazione “Arcobaleno” del 24 marzo 2010 –
coordinata dalla Dda di Napoli e condotta da agenti della questura di Latina e della Guardia di finanza – diretta contro il clan Mallardo e conclusa con l’arresto per associazione a delinquere
di stampo mafioso di 11 persone e con la denuncia di 77. Il sud pontino si rivela una delle zone più ambite per “lavare” e reinvestire denaro sporco, soprattutto in immobili con affaccio sul
mare e in pieno parco. Vengono sequestrati beni per oltre 400 milioni di euro tra Sardegna, Campania e Lazio. Sotto sigilli sono finiti anche terreni, fabbricati e attività commerciali a Sabaudia, Fondi, Minturno e Latina (…).

Il secondo esempio risale alla metà di ottobre scorso, quando scatta nella città di Sabaudia l’operazione “Underwood”, condotta dalla polizia di Stato contro il clan Cava e un suo presunto prestanome, noto per essere stata più volte al centro di vicende giudiziarie nel sud pontino. Anche in questo caso, scattano
puntuali i provvedimenti di sequestro giudiziario di beni mobili, immobili e conti bancari per un totale di circa 30 milioni di euro. L’ipotesi degli investigatori della Dda di Napoli sul principale indagato, Salvatore Di Maio, titolare di svariate attività commerciali a Sabaudia e già rinviato a giudizio lo scorso maggio, sarebbe il suo presunto collegamento al clan camorristico Cava di Quindici (Avellino). I beni sequestrati a Sabaudia sono una
villa, due negozi e quattro terreni. Secondo la polizia erano intestati a un prestanome di Latina collegato alle società dell’imprenditore. A metà dicembre, nell’ambito della stessa indagine, arrivano nuovi sequestri di immobili per un valore di oltre 2 milioni di euro. Qualche mese prima, ad agosto, erano finite nelle mani dello Stato altre 20 unità immobiliari riconducibili sempre alla famiglia Di Maio. Emergono anche problemi
di abusivismo edilizio. Le abitazioni completamente fuori legge si trovano a Sabaudia, al Km 21 della via Litoranea (…). E non è
una novità, questa. Lo stesso Di Maio era stato condannato nel
2007 per aver realizzato un manufatto abusivo, mai demolito nonostante l’ordine del giudice, e anzi ampliato fino a ricavarne venti mini appartamenti, di cui uno anche già abitato. La lottizzazione si estende su un’area di circa 500 metri quadrati ed è stata realizzata su un terreno di proprietà dei figli di Di Maio (uno di questi è peraltro consigliere comunale). Intanto, il 29 aprile scorso la Corte d’appello ha dissequestrato alcuni immobili locati dalla stessa famiglia, ma di proprietà della regione Lazio (siti in piazza del comune a Sabaudia). Episodi, questi, per i quali alcuni parlamentari di opposizione hanno chiesto al ministro dell’Interno lo scioglimento dell’amministrazione comunale di Sabaudia per infiltrazione mafiosa.

Una vicenda che assomiglia per molti aspetti a quella del comune di Fondi, distante solo poche decine di chilometri da Sabaudia. Il 9 aprile scorso, intanto, nell’aula bunker di Poggioreale a Napoli, dove si sta svolgendo il processo, il PM ha richiesto le condanne per tutti coloro che sono considerati i referenti del
sodalizio campano nella provincia di Latina. Per l’imprenditore Salvatore Di Maio il magistrato ha chiesto una condanna a 10 anni per i reati di turbativa d’asta, riciclaggio di denaro e intestazione fittizia di beni.

E nel mese di settembre, l’area della Parco nazionale è stata colpita da incendi di sicuta natura criminale. Solo la pronta azione degli operai del Corpo forestale del Circeo e degli addetti dei vari corpi preposti all’antincendio hanno scongiurato il peggio.

Si tratta di un gravissimo atto intimidatorio in pieno stile mafioso che va denunciato con forza e che obbliga ad uno sforzo congiunto tra amministrazioni, forze dell’ordine e inquirenti perché i responsabili vengano presto individuati e arrestati. Legambiente non mancherà di fornire il proprio sostegno.

E proprio in queste ultime ore, una delle esperienze piùbelle e significative sul lungo percorso della legalità è stata, il villaggio dellla legalità “Serafino Famà” a Borgo Sabotino è stato colpito da u n’intimidazione
gravissima, in pieno stile mafioso, una intimidazione che siamo certi non fermerà la lotta e l’impegno per una cultura della legalità e della solidarietà. Portata avanti da Libera, Legambiente, Agesci, Antonino Caponnetto e tante altre associazioni su questi territori.

Sicuramente un atto che impegna tutti, associazioni, cittadini, politici, forze economiche, ad organizzare risposte serie e radicali, a partire da una consapevolezza che deve diventare patrimonio comune, per cui le mafie in provincia di Latina, con il loro arsenale di interessi, connivenze, violenze, sono presenti e condizionano il sistema democratico provinciale.

Ma questi temi cè anche una buona notizia : quella di 12 intereventi di demolizioni di manufatti abusivi realizzati nel Parco Nazionale del Circeo, realizzati nello scorso mese di dicembre e degli abbattimenti, lungo le sponde del Lago di Paola, di un ristorante, una boutique, scuole di sci nautico, capannoni per rimessaggio imbarcazioni e parcheggi.Opere completamente abusive realizzate ai Casali di Paola, in zona di tutela integrale e che per
anni hanno deturpato uno degli angoli più suggestivi dell’area protetta.

Ma non solo.

Possono servire per fotografare il fenomeno del cemento illegale nella nostra Regione anche gli ultimi dati ufficiali forniti dalla Regione Lazio: dal 2004 al 2009 sono stati perpetrati 41.588 abusi edilizi, con una
media di 20 al giorno
.
Il 22% di questi si concentra i numeri e le storie del ciclo del cemento nei 23 comuni costieri della regione, in aree vincolate paesaggisticamente, dove un immobile vale sul mercato in media il 30% in più rispetto a edifici costruiti in aree di minor pregio ambientale. A ciò va aggiunta la iattura dei condoni edilizi, che manifestano i loro effetti perversi anche nel lungo periodo: secondo la società che ha gestito le domande, solo nella
Capitale, fra le 28.072 pratiche esaminate nei primi 4 mesi del 2010, grazie alle foto aeree, ne sono state riscontrate ben 3.713 false, corrispondenti al 13, 2% del totale. Una situazione che è resa ancora più grave a causa dei 6.503 immobili realizzati entro il 31 marzo 2003 ma in aree soggette a vincoli, e altre 2.099
edificazioni realizzate all’interno dei parchi, che fanno sì
che il totale degli abusi insanabili nella Capitale sia pari, per il solo periodo considerato, a 12.315. Una lunga lista con dentro nomi famosi, professionisti di grido, calciatori, imprenditori, personaggi dello spettacolo. Un elenco contenuto in 2 cd, dove si legge di costruzioni abusive a due passi dal Colosseo, in pieno centro
storico, nei parchi, cioè nelle zone più pregiate e tutelate. Sulla vicenda indaga anche la procura di Roma che ha sequestrato negli archivi della società 5.000 pratiche presentate fuori tempo massimo.

E la stessa procura ha disposto la citazione diretta a giudizio per 33 persone in un’altra vicenda di presenti abusi che ha suscitato grande clamore: la realizzazione e l’ingrandimento di strutture sportive che hanno ospitato la delegazione dei Mondiali di nuoto Roma 2009. Il pm ha disposto la trasmissione degli atti alla procura regionale della Corte dei Conti, per valutare eventuali danni erariali. Nel corso delle indagini sono state sottoposte a sequestro strutture di ben 15 circoli, per le quali sono state ipotizzate, a vario titolo, violazioni delle norme urbanistiche e paesaggistiche, relative a opere realizzate senza l’intesa con il Comune di
Roma, che non ha neppure riscosso gli oneri concessori.

E proprio nella capitale, si gioca una sfida fondamentale per sconfiggere le ecomafie e l’illegalità e rilanciare i nostri territori.

Nell’ultima Relazione della Direzione Nazionale Antimafia, relativa al 2010, si legge che “Le
organizzazioni di stampo mafioso sono sempre state interessate alla provincia di Roma per le opportunità econimiche e commerciali che la capitale offre. A Roma in particolare, snodo essenziale per tutti gli affari leciti ed illeciti, le organizzazioni criminali acquisicono, anche a prezzi fuori mercato, immobili, società e
attività commerciali nelle quali impiegano capitali illecitamente acquisiti. In tal modo esse acquisiscono il controllo di rilevanti attività commerciali e imprenditoriali e nello stesso tempo si dotano di fonti di reddito importnati e lecite. La scelta di effettuare investimenti a Roma viene privilegiata in quanto si tratta di un territorio che non è caratterizzato da quelle forme di allarme sociale tipiche di altre realtà territoriali e in cui non vi è necessità di contendersi i comparti econiomico- imprenditoriali, per il semplice motivo che “c’è
posto per tutti”. In questo modo le organizzazioni mafiose riescono ad infiltrarsi silenziosamente e a consolidarsi senza generare particolare tensione.”

Una situazione di criminalità con una escalation gravemente preoccupante, come di recente nel mese di ottobre ha ben messo a fuoco il Procuratore Capo della capitale nel corso di un’audizione presso la commissione antimafia affermando che “nella società romana cè una violenza eccessiva ed incontrolata, spesso anche legata a fatti spiccioli”.

Ed anche il Procuratore della DDA, nel corso della stessa audizione, ha sottolineato come “più che gli omicidi a destare allarme debbono essere le gambizzazioni (….). La criminalità organizzata mira alla finanza ed ha lasciato il controllo a gruppi autoctoni di livello medio- bassi”.
Dall’inizio dell’anno ad oggi, a Roma si sono consumati 27 omicidi, di cui 6 da risolvere e 7 solo riconducibili alla criminalità organizzata. Preoccupano molto, sotto il versante delle infiltrazioni degli eco criminali nella capitale, gli arresti di camorra lo scorso 30 giugno effettuati dalgli uomini del NOE su delega della Procura di Roma , in quanto relativi proprio ad infiltrazioni malavitose in affari “puliti” dell’edilizia e della gestione dei rifiuti.

LA PIAGA DELLA CRIMINALITA’ AMBIENTALE NELLA REGIONE LAZIO.

La comprensione delle dimensioni del fenomeno mafioso nella nostra Regione impegna la Direzione nazionale antimafia (Dna), che nell’ultima relazione relativa al 2010, lancia l’allarme sul fatto che la “dispersione dell’attività investigativa nelle varie procure ordinarie senza alcuna forma di sistematica e tempestiva conoscenza e relativa utilizzazione dei dati investigativi riguardanti le indagini più significative (cioè quelle
aventi per oggetto delitti associativi e il traffico organizzato dei rifiuti), in funzione di un coordinamento utile a evidenziare segnali di presenza di sodalizi mafiosi dietro le organizzazioni o i traffici individuati, ha di fatto reso impossibile o estremamente difficoltoso comprendere quali siano le dimensioni degli interessi delle altre mafie verso questo fenomeno criminale, interessi che non possono certamente escludersi
”.
Detto in altri termini, seppure in questa regione nell’ultimo anno “siano enormemente aumentati i reati ambientali […], l’esame dei procedimenti in questione, però, non consente di evidenziare un’infiltrazione della criminalità
organizzata nel ciclo dei rifiuti per quanto riguarda il Lazio”.

Definire con certezza e compiutezza la dimensione dell’illegalità ambientale non è agevole.

Questo è dovuto innanzitutto al fatto che all’interno del nostro codice penale non sono previsti i delitti ambientali come fattispecie tipiche e, pertanto, in ossequio al principio di legalità vigente all’interno del mostro sistema penale e dei suoi corollari, specie il principio di tassatività, non è possibile punire coloro i quali commettono scempi in danno al nostro patrimonio ambientale.

Inoltre, le pochissime fattispecie tipizzate di reati ambientali oggi esistenti, sono sanzionate solamente a titolo di contravvenzione.
Da ciò, dervivano notevoli conseguenze sul piano processuale che si riflettono, di conseguenza, sulla funzione punitiva stessa che la comunità sociale ha neio confronti dell’imputato, nei confronti del reo.

In modo specifico, le contravvenzioni e quindi la maggior parte dei danni arrecati al nostro territorio, l’elemento psicologico del soggetto agente è solo la colpa, pertanto imprudenza, negligenza, imperizia e quindi si esclude che l’individuo possa avere arrecato il danno all’ambiente dolosamente, ovvero con coscienza e volontà nella commissione dell’azione delittuosa. Questo è tanto più impornante, in quanto esclude per tali reati l’applicazione della recidiva (art 99 cp ).

In secondo luogo, non è configurabile il tentativo e ciò significa che anche in presenza di atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un reato, siffatte situazioni non saranno punibili.

Inoltre, cosa ancora più importante, per le contravvenzioni è previsto una sorta di doppio-binario di estinzione del reato. Infatti, la prescrizione ossia l’estinzione del reato per il decorso del tempo, opera più velocemente rispetto ai delitti, ai sensi dell’art 157 cp ed inoltre, vige altresì l’oblazione ossia una forma di estinzione del reato che consiste nel nel pagamento di una somma di denaro pari a un terzo del massimo dell’ammenda stabilita dalla legge come pena per le contravvenzioni punite con la sola pena dell’ammenda, ovvero pari alla metà del massimo, quando si tratti di contravvenzione punita alternativamente con l’arresto o con l’ammenda.

Con ciò a dire quindi, che la mancata tipizzazione ad oggi da parte del legislatore nazionale dei delitti ambientali all’interno del nostro codice penale, non è solo una lacuna in senso nominale e formale, ma, soprattutto è una latenza spesso insormontabile per l’interprete e che si sostanzia nei fatti che purtroppo quotidianamente apprendiamo dalle cronache: ossia danni contro l’ambiente che non vengono ripristinati, processi ormai
prescritti.

Accanto a queste cronache, a darci un quadro della infiltrazione della criminalità organizzata a Roma come nel resto della nostra Regione sono altresì i numeri relativi ai beni confiscati alle mafie.

La confisca, è una misura di sicurezza dall’importante natura repressiva e social- preventiva , volta allo spossesamento definitivo del bene del soggetto.

Secondo i dati dell’agenzia dei beni confiscati alle mafie, nella nostra Regione al 31 dicembre 2010, ci sono 96 immobili dati in gestione, 247 immobili destinati consegnati, 31 immobili destinati non consegnati, 25 usciti dalla gestione, 111 sono le aziende per un totale di 529 beni (all’1 ottobre 2011, i beni confiscati alle mafie diventano 404 immobili e 113 aziende). Numeri importanti che fotografano la dimensione degli ingenti affari sviluppati dalla
criminalità organizzata nei nostri territori. Beni per i quali risulta di strategica valenza culturale il riutilizzo sociale degli stessi.

La rotta qui descritta, tramite il quadro tracciato, va subito arginata ed invertita per far sìche il tessuto econimico capitolino non sia soffocato e bloccato dalle organizzazioni malavitose.

E’ necessario rispondere con fermezza e decisione a queste situazioni e lavorare tutti, ciascuno secondo il proprio ruolo, per vincere quella che è la partita per lo sviluppo sostenibile della nostra Regione. Per
fare questo servono strumenti per la Magistratura e le Forze dell’Ordine nella lotta e nella repressione ai crimini ambientali.

Innanzitutto norme penali più severe, e mantenimento e rafforzamento dello strumento delle intercettazioni telefoniche, come sopra evidenziavamo.

Questa battaglia è anche una battaglia culturale all’interno della nostra società, da cui emerge una forte voglia di riscatto, nel rifiuto “ del puzzo del compromesso”, come diceva il Giudice Paolo Borsellino.

Ne è di ciò testimonianza quanto ci segnalano i cittadini al numero Verde 800 911 856 dell’Osservatorio Ambiente e Legalità attivo presso la nostra sede di Legambiente Lazio .

Nel triennio 2008-2011, sono giunte all’Osservatorio Ambiente e Legalità 452 segnalazioni, di cui 352 provenienti da Roma e Provincia, 43 dalla Provincia di Latina, 21 dal frusinate, 16 dal reatino e altrettante dal viterbese, come tesinomia la tabella che segue n. 12

Tab.
n. 12 “ Riepilogo Segnalazioni 2008- 2011 numero verde 800 911
856 Osservatorio Ambiente e legalità”.

Numero
segnalazioni

Provincia
di Roma

Provincia
di Latina

Provincia
di Frosinone

Provincia
di Rieti

Provincia
di Viterbo

452

354

43

21

16

16

Fonte:
Elaborazione dati Legambiente Lazio su dati Rapporti Ecomafie

Un’esperienza significativa ed importante, tanto più che ha permesso anche di raggiungere un altro obiettivo fondamentale: quello della diffusione della cultura della legalità sui nostri territori, l’altro fondamentale tassello nella costruzione di un Lazio libero dalla schiavitù delle ecomafie. Un’esperienza, quella dell’Osservatorio Regionale Ambiente e Legalità, che chiediamo alla Regione Lazio di riconfermare e valorizzare,
ripartendo dall’ottimo lavoro svolto in questi ann
i e continuando a coadiuvare il prezioso processo sinergico già avviato con la prima esperienza della Consulta Ambiente e Legalità, tramite la quale tutti i soggetti coinvolti su questi temi, possono contribuire a rendere finalmente il Lazio una Regione libera dalle ecomafie.

Un percorso, quello dell’Osservatorio Ambiente e Legalità inoltre, che non solo ha ascoltato ed aiutato i cittadini, ma che è andato sui territori con i ragazzi delle scuole per diffondere la cultura della legalità, della partecipazione della democrazia. Solo nel corso dell’ultima campagna di educazione alla legalità
ambientale tenutasi nel corso del 2010, sono stati coinvolte 44 scuole, per un totale di 82 classi, con 1.141 ragazzi, per un totale di 41 incontri svolti.

Numeri questi molto importanti e significativi, poiché Solo con la diffusione di una cultura dell’ambiente inteso come valore civile condiviso dalla comunità sociale e con lo sviluppo di processi in grado di favorire una “eco-cittadinanza” attiva e un impegno diffuso per la tutela del territorio, è possibile contrastare in modo duraturo le illegalità ambientali commessi in danno dei nostri splendidi territori.