Il referendum greco spaventava Bruxelles e il “sistema” lo ha scongiurato ma quella resta la terra di Leonida

6 Novembre 2011 4 Di redazione

Il repentino dietrofront del premier ellenico Papandreu sul referendum in Grecia, non fa altro che confermare ciò che da qualche tempo dibattiamo in questa rubrica: i tecnocrati dell’ Unione Europea hanno paura della gente. Infatti tutte le consultazioni popolari tenute in questi anni nei vari paesi membri hanno rappresentato solo sconfitte per Bruxelles. Però il referendum greco sarebbe stato una waterloo per Barroso e soci. Questo perché negli altri casi, con grande disinvoltura, la decisione popolare è stata aggirata con le successive ratifiche sostitutive dei vari parlamenti, mentre, per la Grecia, non ci sarebbe stata via d’ uscita. Con la sconfitta, l’ uscita ellenica dall’ Unione Europea sarebbe stata automatica e quindi i greci avrebbero indicato la via a tutti noi: la vita oltre la Ue è possibile.
Di fronte a questa nuova ed agghiacciante prospettiva, il sistema si è autodifeso e dopo l’ annuncio di Papandreu di indire un referendum sull’ opportunità o meno di proseguire l’avventura comunitaria, sono partite le controffensive. Merkel e Sarkozy hanno minacciato di non procedere al pagamento della tranche di aiuti promessi, Van Rompuy ha detto che la Grecia sarebbe subito fuori anche dall’ Europa, perché la sola uscita dall’ Euro non è conteplata dai trattati e finanche il premier giapponese, Yosihiko Noda, ha detto che bisogna assolutamente evitare la reazione a catena derivante del default greco. Alla fine Papandreu ha fatto marcia indietro.
Alzi la mano chi, in questi dieci anni, ha pensato almeno una volta che l’ Euro è stato una bufala.
Il potere d’acquisto degli stipendi si è immediatamente dimezzato. Le frottole dell’ inflazione al 2%, rifilateci dai solerti burocrati di Bruxelles, non hanno mai convinto la gente, costretta invece a fare i conti con il raddoppio dei prezzi. La leggenda della stabilità dei tassi dei mutui è crollata miseramente con la bolla speculativa dei sub-prime. L’ impossibilità di svalutare la moneta ha tenuto bloccate le esportazioni.
Come mai Draghi ha abbassato il costo del denaro il giorno stesso in cui si è insediato alla BCE? Non si poteva fare un mese fa? E’ stato un regalo al popolo, come quando veniva eletto un nuovo re? Gli economisti in dieci anni non ne hanno azzeccata una. Sono incapaci o troppo collusi?
La Grecia sta emettendo titoli di stato al 25% d’ interesse. Chiunque si accorgerebbe che non è sostenibile. Gli aiuti europei servono in pratica a ripagare questi titoli che sono nelle mani di banche francesi e tedesche. Ai greci non rimane niente.
Qualche settimana fa, l’ europarlamentare francese Cohn-Bendit ha denunciato che “mentre Atene era messa a ferro e fuoco dalle proteste della società civile, Francia e Germania vendevano alla Grecia sei Fregate per 2,5 miliardi di euro, elicotteri per 400 milioni, caccia Rafale per 100 milioni, sottomarini per un miliardo di euro”. In pratica, affermava l’europarlamentare “prestiamo soldi alla Grecia per far loro acquistare le nostre armi!”.
La Grecia di fatto è già fallita e prolungarne l’ agonia, con i nostri soldi, serve solo al sistema. Questo raggiro sta andando avanti da mesi. E’ un pozzo senza fondo. Non è che magari ora i greci se ne sono accorti? A Bruxelles il sospetto deve essere venuto.
Il mio caro amico Pandellis vive in uno sperduto paesino del Peloponneso. Ha lavorato trent’anni su scricchiolanti carrette che solcano il tempestoso mar egeo. Sono quelle navi che chi va in vacanza in Grecia non può fare a meno di domandarsi se staranno a galla. Ma da anni e anni resistono. Ed ogni anno vengono riverniciate come se fossero oggetti preziosi da preservare a tutti i costi. Ora Pandellis è in pensione ed affitta la sua casa ai turisti. Va su e giù per il suo orto con grande impegno e gira per il paese con un motorino sgangherato che solo lui sa far funzionare. E’ spartano. Come quei trecento guerrieri guidati da Leonida che alle Termopili si immolarono contro l’ immenso esercito persiano che voleva espandersi in Europa. Era il 480 a.c..
A quel tempo francesi e tedeschi vivevano nei boschi.
Il sacrificio dei 300 spartani presso le Termopili non fu vano. Esso consentì ai Greci di riorganizzare le difese e di sconfiggere successivamete l’esercito invasore.
Oggi sul luogo della battaglia esiste un monumento dedicato al re di Sparta Leonida ed ai suoi guerrieri. Su di esso vi sono incise le parole che Leonida pronunciò in risposta ai persiani che intimavano la consegna delle armi: « Venite a prendervele! »
Inoltre sulla cima della collina di Kolonos, dove avvenne l’ultima disperata resistenza, vi è una stele di pietra che riporta le seguenti parole: « O viandante, annuncia agli Spartani che qui noi siamo obbedienti alle nostre comuni leggi. »
Caro Pandellis, ma questi hanno capito con chi hanno a che fare?
Max Latempa