Operazione anticamorra “Domitia Village”, sequestrati beni per 250 milioni ai clan dei Casalesi, Polverino e Nuvoletta

22 Febbraio 2012 0 Di redazione

La stessa metodologia è stata utilizzata attraverso il costruttore SIMEOLI Angelo, imprenditore e braccio economico, nonchè diretta espressione dei clan Nuvoletta e Polverino operanti nel territorio di Marano di Napoli, che ha realizzato materialmente il manufatto, come accertato dai militari del G.I.C.O. di Napoli. Il SIMEOLI (detto “Bastone”), pur non essendo organicamente inserito nelle compagini camorristiche, operava stabilmente con esponenti di spicco del clan Nuvoletta e, successivamente, del clan Polverino, nonché con Giuliani Raffaele del clan dei casalesi; il supporto stabile era prestato in maniera diversificata mediante enormi investimenti nel settore con la creazione di numerosissime società e mediante il sistematico reimpiego di provviste illecite nella realizzazione di complessi edilizi, tra cui, appunto, quello della DOMITIA VILLAGE, spunto investigativo della presente indagine .
Diversi funzionari e tecnici del Comune di Castelvolturno, che hanno agevolato Giuliani e Simeoli nell’ottenere l’autorizzazione alla costruzione dell’opera, sono stati colpiti da ordinanza cautelare per reati di abuso e falso ideologico, aggravati perché compiuti al fine di agevolare il clan dei casalesi.
Fra questi spicca la figura di Scalzone Alfonso, colpito da ordinanza cautelare in carcere anche per il reato di associazione mafiosa, per avere concretamente consigliato il Giuliani ed il Simeoli sulle modalità per la realizzazione della abusiva lottizzazione e per avere agito da tramite tra i predetti ed il fratello Scalzone Antonio, già Sindaco del Comune di Castelvolturno.
Altrettante imponenti speculazioni edilizie, sotto l’egida del clan camorristico dei casalesi, sono state accertate dai finanzieri nel comune di Casaluce dove Giuliani si è avvalso per l’attuazione dei lavori sui propri terreni ed anche per la costruzione di “I.A.C.P.”, oltre che di Simeoli Angelo, di altri imprenditori locali e della connivenza di funzionari e pubblici amministratori del predetto Comune, tra cui l’allora sindaco Fedele Proto Antonio, anch’egli colpito da ordinanza cautelare in carcere.
Durante le investigazioni è poi emersa la capacità di Giuliani Raffaele di ottenere trattamenti di favore da parte del personale della comunità terapeutica “L’Arcobaleno” di Castelvolturno, il cui vertice è stato sottoposto a misura cautelare; nella struttura, usufruendo dei benefici previsti dalla legge, in alternativa alla detenzione in carcere, il Giuliani scontava formalmente la condanna inflittagli nell’ambito del processo “Regi lagni”, ma, simulando la partecipazione ad un percorso terapeutico–riabilitativo dalla tossicodipendenza, riusciva a gestire, indisturbato, le attività illecite.

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