Imprenditori e artigiani con la corda al collo abbandonati a loro stessi

20 Marzo 2012 3 Di redazione

di Max Latempa
Sono più di trenta gli imprenditori ed artigiani che si sono suicidati in Italia dall’inzio dell’anno per motivi riconducibili alla crisi economica.
Gli ultimi due, in Veneto ed in Puglia, lo hanno fatto nel loro capannone, quasi a voler significare l’ attaccamento estremo ad una creatura che non è mai solo un lavoro.
La fine dei sogni, dell’ orgoglio e della rispettabilità. Di quel sentirsi responsabili di altre persone e nello stesso tempo locomotiva della nazione. Il sentirsi traditi dopo anni di sacrifici e di battaglie per stare al passo della concorrenza e contemporaneamente per pagare tasse sempre più opprimenti. La lotta con le banche, con i debitori, con la burocrazia. Tutto questo per tenere in piedi un’ azienda, con anni di storia, ma che in piedi non sta più. E non per colpa tua.
Equitalia che preme, i contributi da tenere in regola (altrimenti il D.U.R.C. non risulta regolare), l’ anticipo Iva e le fatture impagate. Un dilemma: mi dedico al lavoro o fermo tutto ed inseguo chi mi deve pagare?
E quando chi mi deve pagare è un Ente?
Il patto di stabilità ha causato danni irreversibili a migliaia di imprese che vantano crediti nei confronti delle amministrazioni pubbliche. Siamo arrivati a quota 80 miliardi di euro. I soldi ci sarebbero ma gli Enti non possono creare nuove uscite di cassa. Altrimenti Bruxelles ci richiama.
Il settore dell’ edilizia è in ginocchio. Imprese di costruzioni storiche, dalle Alpi alla Sicilia, hanno chiuso i battenti con milioni di euro di crediti non riscossi. Migliaia gli operai mandati a casa senza speranza. Ma anche geometri, ingegneri, architetti.
Le banche non vogliono più scontare le fatture sui lavori pubblici. I cantieri non vanno avanti. Opere urgenti e fondamentali vengono abbandonate. Frotte di creditori inseguono debitori che a loro volta sono creditori verso lo Stato.
I contenziosi aumentano perchè si cerca di rimandare il più possibile il pagamento. Assegni datati, tratte , cambiali, cessioni del credito. Si prova di tutto ma i soldi non arrivano mai. Ed allora ci sente con l’ acqua alla gola. Poi arriva l’ esasperazione. Mors tua vita mea. Oppure mors e basta. Prima ci si suicidava per i debiti. Oggi per i crediti.
Eppure basterebbe poco. Basterebbe qualcuno in gamba che imponesse, magari con un decreto, per esempio alle banche, che un po’ di quei 500 miliardi del prestito della BCE andassero alle imprese. Qualcuno capace di guardare fuori della finestra per vedere cosa sta succedendo e che invece non perdesse tempo con l’ articolo 18, la Serbia, i Marò, la Merkel, la Rai, la giustizia, il matrimonio gay, la casa di Fini, le donne di Berlusconi ed i soldi di Rutelli. Tipo qualcuno che non ha nulla a che spartire con le banche. Già, le banche……
Caro imprenditore, caro artigiano, chi ti dovrebbe aiutare? L’Italia va a rotoli, chi vuoi che si occupi di te, della tua azienda dei tuoi dipendenti. Tu eri buono solo a pagare. Ma ormai non puoi più essere spremuto.
Da te non esce più una goccia. E a nessuno frega più niente di te.
Caro imprenditore, caro artigiano, quando torneranno di nuovo a chiederti il voto, perchè torneranno stai certo, accoglili pure. Con fiero orgoglio. Nel tuo bel capannone vuoto.