Guerra e dopoguerra di una ‘patriota’, Paola Del Din, ne parla a Il Punto a Mezzogiorno

8 Dicembre 2012 0 Di Felice Pensabene

È una sera fredda e piovosa mentre, nella splendida e già addobbata per il Natale hall del Rocca Hotel di via Sferracavalli, attendo i reduci che hanno partecipato alle celebrazioni del 69° Anniversario di Mignano Monte Lungo. Arrivano a gruppi o singolarmente con negli occhi l’emozione di una giornata speciale, faticosa, ma intensa, densa di ricordi di un periodo tragico, dei compagni che riposano nel Sacrario Militare della città di Mignano. Mi passano accanto, fieri, con i simboli delle varie associazioni combattentistiche a cui appartengono,  nei loro occhi si legge la fierezza di chi ha sofferto, combattuto, il rispetto e il ricordo dei loro compagni che non ce l’hanno fatta, ma orgogliosi di aver raggiunto l’obiettivo di consegnare, a tutti noi, un Paese libero, dalla dittatura, dalla barbarie nazi-fascista e dalla guerra. Sono in molti, anche di nazionalità diverse dalla nostra, ognuno con una storia diversa, ma suggestiva da poter raccontare. Raccolgo la testimonianza di S.E. l’ambasciatore Alessandro Cortese de Bosis, vice presidente Esercito dell’ANCFAGL, l’Associazione Nazionale Combattenti Guerra di Liberazione che mi spiega gli scopi e gli obiettivi del sodalizio.   L’associazione raggruppa i reduci combattenti delle Forze Armate inquadrati nei Reparti Regolari. I valori a cui il sodalizio si ispira sono quelli del secondo Risorgimento italiano. “Le Forze Armate italiane, nel Primo Risorgimento – spiega S.E. Cortese de Bosis – hanno unificato l’Italia, nel secondo Risorgimento hanno restituito i valori risorgimentali di libertà, indipendenza e democrazia al Paese, lottando contro l’alleanza fra il regime fascista e le forze naziste, della barbarie, del genocidio dei campi di concentramento. Valori che le nostre Forze Armate, hanno raccolto e portato avanti nelle missioni mondiali in cui sono impegnate, nella lotta al terrorismo internazionale ”. Un ricordo particolare, S. E. de Bosis lo ha voluto rivolgere ai caduti, ma a quella parte delle Forze Armate italiane che si rifiutarono di aderire all’esercito nazi-fascista e che furono massacrati nei campi di concentramento. Fra i tanti presenti, spicca senza dubbio, la figura della medaglia d’oro al valor militare, Paola Del Din, che incontro in una parte della hall del Rocca Hotel, in cui fa da sfondo uno splendido pianoforte a coda. Paola Del Din, classe 1923, patriota, come preferisce definirsi, insegnante di lettere,  insignita della Medaglia d’Oro al Valor Militare, orgogliosamente appuntata sul petto, subito dopo l’armistizio, con il fratello Renato, entrò nella Resistenza in Friuli-Venezia Giulia nelle file della Brigata Osoppo con il nome di battaglia “Renata”. Prese parte a numerosi e rischiosi incarichi come staffetta e informatrice.  Dopo l’uccisione del fratello da parte dei tedeschi, per incarico della “Osoppo” e su richiesta di un messaggio alleato, riesce a raggiungere gli alleati a Firenze e a consegnare i documenti che trasportava. Per continuare la sua opera patriottica, dopo aver frequentato un corso per paracadutisti, il 9 aprile 1945 può lanciarsi in una zona del Friuli dove deve prendere contatto con una missione alleata e con la formazione Osoppo; all’atterraggio si frattura una caviglia, ma riesce comunque ad adempiere i suoi compiti e a consegnare i documenti che ha con sé, attraversando a più riprese le linee di combattimento, per portare messaggi ai reparti alleati in avanzata. Dopo la Liberazione si laurea in lettere all’Università di Padova, insegna per alcuni anni, poi vince una borsa di studio ed emigra negli Stati Uniti. All’Università di Pennsylvania consegue il titolo di “Master of Arts”. Tornata in Italia, si dedica all’insegnamento nella scuola pubblica. Nel febbraio del 2007 viene riconfermata alla presidenza nazionale della Federazione Italiana Volontari della Libertà che lascia nel giugno 2008. È tuttora presidente regionale della Associazione Nazionale Famiglie Caduti e Dispersi in Guerra. Un figura che cattura, affascina con i suoi racconti.

Professoressa Del Din, cosa spingeva una giovane donna come era lei in quegli anni, ad entrare nella Resistenza?

“In primo luogo la voglia di riportare la libertà nella nostra Patria, dopo anni di dittatura e di sofferenze, ho visto tante madri piangere i propri figli, morti per una ideologia, fascista, di morte”.

L’Italia per cui avete lottato in quegli anni, è quella che oggi avreste voluto?

“In un primo tempo sì, in particolare fino a tutto il periodo della ricostruzione, quando ci si accontentava e, ci si doveva accontentare, di ciò che si aveva. Dopo, quando è iniziato il benessere, credo che abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità. Tutto ciò ha portato alla crisi che stiamo vivendo, ma che investe tutta l’Europa, non solo l’Italia”.

C’è un un episodio, di quegli anni, che ricorda in modo particolare?

“Episodi se ne potrebbero raccontare molti, ma quello che caratterizzava quel periodo erano prevalentemente le ristrettezze economiche. Il razionamento dei viveri, che si ritiravano attraverso le tessere annonarie, rappresentava le difficoltà di un intero popolo, il risultato di politiche autarchiche che influivano sui civili. Ricordo che si andava a ritirare un po’ di ‘frattaglie’ con la tessera e che dovevano bastare ai bisogni della nostra famiglia”.

Da insegnante e da persona che ha lottato per un’Italia migliore, che messaggio vorrebbe dare ai giovani di oggi?

“Ai giovani vorrei dire di inseguire i loro sogni, i loro ideali, perché sono le cose di cui nessuno potrà mai privarli, ma anche di impegnarsi nello studio, nella conoscenza, non superficiale, ma profonda. I giovani devono inseguire i loro sogni, ma devono essere capaci anche di adattarsi a tutte le esperienze, essere in grado di far tutto, perché qualsiasi lavoro è utile, se fatto con passione e onestà. Non scoraggiarsi davanti alle difficoltà, ma utilizzare le conoscenze acquisite con lo studio ed applicarle al meglio in tutto ciò che faranno”.

Ascoltare una personalità come Paola Del Din, i suoi racconti, le sue esperienze di vita, è una sensazione indescrivibile, unica, si rimane incantati, il tempo scorre velocemente, inarrestabile. Solo il tempo di qualche impressione con Maria Rocca, titolare dell’omonimo hotel  che ospita i reduci. “Sono profondamente soddisfatta e contenta – dichiara la signora Maria – di avere oggi queste persone che con il loro sacrificio, la lotta contro la barbarie nazista e la guerra, le sofferenze, le privazioni di quegli anni duri e tragici, sacrificando parte  della loro gioventù hanno permesso a noi di vivere in Paese libero. A loro va il mio ringraziamento per quello che hanno dato e ci hanno trasmesso”. Impossibile non condividere il suo pensiero!

F. Pensabene

Foto A. Ceccon