Tragedia sfiorata a Grazzanise, tremendo tonfo della “colombaia” a Via Volturno

11 Febbraio 2014 0 Di redazione

Si deve rivolgere una speciale preghiera di ringraziamento a San Giovanni Battista, protettore dei grazzanisani, per essere usciti tutti illesi dopo il crollo di una casa a Via Volturno, nel centro antico del paese. Pochi minuti dopo le 18 di ieri, 10 febbraio, il terribile tonfo. Da tempo disabitata, la vetusta costruzione in “pietra pomice” a due piani, contrassegnata dal numero civico 23, all’improvviso s’è sbriciolata: il boato avvertito dai residenti negli stabili vicini; spezzate le travi del soffitto inferiore; pezzi di pareti rotolanti (the rolling stones) in un attimo hanno invaso l’intera carreggiata, raggiungendo perfino il marciapiedi sul lato opposto. Che sarebbe accaduto, in quel momento, se si fosse trovato a passare qualcuno? Sul posto sono rapidamente arrivati i comandanti della locale caserma dei Carabinieri, m.llo Luigi De Santis, e della Polizia municipale, ten. Giovanni Gaudiano, che hanno subito ordinato ai loro uomini di mettere in sicurezza l’area circostante. Presto sono giunti anche i Vigili del Fuoco del Turno C di Mondragone.
Mentre si svolgevano i rilievi del caso, è stata inviata un’urgente comunicazione dell’Enel, perché occorreva staccare pericolosi fili scoperti e ripristinare l’erogazione di energia elettrica venuta a mancare nelle abitazioni del vicolo all’angolo del quale la casa caduta sorgeva dall’epoca precedente la seconda guerra mondiale. Certo, la proprietaria, signora Maria Antonietta Di Stasio, aveva presentato istanza al Comune per l’abbattimento e la ricostruzione. Aspettava l’esame tecnico della pratica. Ma, vecchia, stanca, indebolita dalle intemperie, la casa non ha voluto aspettar la ruspa. Per suo decoro ha preferito stramazzare da sola. Tre pareti andate giù senza scampo. Però, sulla quarta del primo piano, il capannello degli immancabili curiosi ha potuto vedere un crocifisso rimasto fermo, quasi attonito, là dove gli ormai defunti bisnonni lo avevano appeso al chiodo tanto tempo fa. I bambini chiamavano quella casa “la colombaia”, per le allineate finestrelle con piccoli davanzali in mattoni che facevano bella mostra sulle due facciate esterne. Da lassù i piccioni salutavano all’aurora il sole e in quei rettangolini s’infilavano la sera per ritrovare il nido. Ora gli svolazzanti e candidi abitanti sono i più tristi: dopo tanti anni felici trascorsi là, dovranno cercare un altro ricovero. Poveri piccioni! Dovrebbe resuscitare Lucio Dalla per dedicare ad essi, come già seppe stupendamente scriverla per le rondini di Bologna, una bella e struggente canzone!
Raffaele Raimondo
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