Caso Arduini, i genitori: “Prima di morire vogliamo sapere che fine ha fatto nostra figlia”

Caso Arduini, i genitori: “Prima di morire vogliamo sapere che fine ha fatto nostra figlia”

22 Gennaio 2015 0 Di redazione

“Prima di morire vogliamo sapere che fine ha fatto nostra figlia”. E’ il disperato appello di Mario Arduini, 72 anni e Gina Di Pofi, 68 anni, genitori di Marina Arduini, la Commercialista di Frosinone scomparsa nel nulla 8 anni fa, quando aveva 39 anni. “Ormai abbiamo perso le speranze di rivederla viva – dicono i genitori – vorremmo quantomeno avere un posto dove andare a piangerla”. Nella loro casa, quella in cui viveva anche la donna fino alla mattina del 19 febbraio 2007, la sua camera è rimasta così come l’aveva lasciata Marina uscendo di casa di buon’ora diretta in questura per sporgere una denuncia e poi in banca per fermare un finanziamento che lei non aveva sottoscritto. “Qualche giorno prima della sua scomparsa – raccontano i genitori – Marina aveva ricevuto l’avviso di pagamento della prima rata di un finanziamento da 13mila euro che lei sosteneva di non aver mai sottoscritto. Un finanziamento che era stato perfezionato a giugno in un negozio di sanitari di Frosinone. Inoltre, sempre due giorni prima, qualcuno aveva rovistato nel suo ufficio a Frosinone”.
Arduini faccia
La donna, di professione commercialista, era titolare al 50% di uno studio di cui era anche amministratrice. Quello studio era particolarmente frequentato da un piccolo imprenditore dalle attività poco chiare, di cui, però, la donna si era invaghita e, nonostante fosse sposato, aveva avuto con lui una lunga relazione mantenuta nascosta anche alle persone a lei più strette. “Quella mattina, Marina è uscita diretta in questura e in banca per chiarire gli aspetti di quel finanziamento che non le competeva restituire – raccontano ancora Mario e Gina – Era arrabbiata e uscendo ci disse ‘so io a chi denunciare per questi fatti’. Sappiamo che ha inviato un sms alla donna delle pulizie che sarebbe dovuta andare in ufficio, rimandando il loro appuntamento al pomeriggio. Ma in banca e in questura non è mai arrivata”. Il percorso del telefonino porta verso Roma, a Termini, dove alle 11,26, ha ricevuto la telefonata di un cliente al quale avrebbe chiesto di richiamare più tardi. Poi il buio. Tutti inizialmente sostengono che la ragazza non possa essersi allontanata volontariamente ma stranamente a giugno il caso viene archiviato considerandolo allontanamento volontario. Due anni dopo, grazie ad una telefonata anonima, venne ritrovata la sua Fiat Punto nella zona di Cinecittà. “Nei giorni successivi alla scomparsa di Marina, alcune persone, sostenendo di essere suoi colleghi sono venuti a chiedere se Marina avesse qui computer o documentazione che non riuscivano a trovare in ufficio. Noi stessi, quando siamo andati alcuni giorni dopo in ufficio per recuperare i suoi effetti personali, si suoi colleghi non ci fecero neanche entrare sostenendo che Marina non aveva nulla in quel posto che, tra l’altro, era proprietaria al 50%. Avevano buttato via tutto”. Lo sfogo dei genitori continua: “Nessuno l’ha cercata neanche setacciando un solo metro quadro. Abbiamo visto la giusta mobilitazione per la scomparsa della professoressa Gilberta Palleschi di Sora. Centinaia, forse migliaia di persone a cercarla. Per nostra figlia, nessuno ha battuto neanche un metro quadro. Pagheremmo anche quello che non abbiamo per sapere che fine abbia fatto Marina, ma non abbiamo la possibilità di offrire una ricompensa in soldi come è avvenuto per la Palleschi”.