La soluzione “a senso unico” dell’emergenza abitativa e del disagio sociale di Petrarcone e Di Russo

La soluzione “a senso unico” dell’emergenza abitativa e del disagio sociale di Petrarcone e Di Russo

13 Marzo 2015 0 Di Felice Pensabene

L’emergenza abitativa è sicuramente un problema nazionale che riguarda milioni di famiglie italiane, da nord a sud del Paese. Cassino, purtroppo, non fa eccezione e le manifestazioni dei mesi passati lo testimoniano in modo inequivocabile. Sulla vicenda sembra essere, al momento, calato un velo di silenzio. Che sia finita l’emergenza? Sicuramente no, tutt’altro il problema è più attuale e vivo che mai. E la storia che raccontiamo lo dimostra ampiamente. Forse è solo stato diverso il modo con cui l’Amministrazione ha gestito, o meglio mal gestito, la vicenda. In altre parole chi per mesi ha fatto la ‘voce grossa’ oggi si ritrova ad avere un tetto sulla testa, magari in barba alle più elementari norme di legge o, peggio ancora, ai tanti cittadini che silenziosamente attendono da anni un alloggio popolare, confidando in una graduatoria di assegnazione ferma e mai applicata, non solo per la mancata costruzione di nuovi alloggi popolari, ma per cause ben più gravi come le occupazioni abusive di anni finite in sanatorie o nell’indifferenza di chi doveva stroncarle sul nascere. Le manifestazioni dei mesi passati, del resto con gli slogan di qualche irresponsabile, ad occupare abusivamente le abitazioni non occupate, ma perennemente ed inspiegabilmente chiuse ne sono un esempio concreto della cattiva gestione del problema. A farne le spese, però, sono sempre i cittadini onesti, rispettosi della legge, come nel caso che andiamo a descrivere e che i diretti interessati ci hanno voluto raccontare. Si tratta di tre persone, con vero disagio sociale, oltre che abitativo, che si son visti ‘buttare in mezzo ad una strada’ senza alcun preavviso in un venerdì di febbraio, con l’impossibilità di prendere persino i propri effetti personali e le medicine, dalla ex scuola di via Ponte la Pietra, assegnata loro da circa due anni durante i giorni delle proteste e dell’emergenza. Quello che stupisce è la motivazione dell’ordinanza di sgombero e su come è stato eseguito quel provvedimento emesso dal Primo Cittadino. Già perché in quell’ordinanza si legge: “da accertamenti della Polizia locale, a seguito di verifiche emergeva l’occupazione abusiva dei luoghi (…da parte dei tre cittadini di Cassino ndr) non idonei strutturalmente e igienicamente ad essere adibiti ad abituale alloggio e civile abitazione e … che detti ambienti possono costituire pericolo per la pubblica e privata incolumità”. Ora è facile chiedersi, come del resto raccontano i diretti interessati, se quella situazione di “pericolo per la pubblica e privata incolumità personale” non fosse già conosciuta e presente due anni or sono quando i tre sono stati autorizzati ad utilizzarla, ma soprattutto è possibile che nessuno al Comune sapesse che l’edificio fosse in condizioni “igienicamente e strutturalmente” pericolose e non utilizzabile per civile abitazione? Se quell’edificio era nelle condizioni indicate dall’ordinanza, perché si è consentito per oltre due anni il suo utilizzo? Perché si è concesso ad uno degli occupanti la possibilità di ritirare i contenitori per la raccolta differenziata e, soprattutto perché solo ora vietarne l’uso ed effettuare lo sgombero in un venerdì pomeriggio senza preavviso, lasciando i tre privi di abitazione per un intero weekend? Conseguenza? Quella che i tre hanno trascorso il fine settimana in situazioni di fortuna, chi a casa dei genitori, chi nella comunità Exodus e l’unica donna in macchina, anche colta da malore e sintomi di “freddo e ansia” come indica il referto medico del Pronto Soccorso dell’ospedale Santa Scolastica. Perché l’assessorato ai Servizi sociali non ha avvisato il convento di clausura per tempo dell’arrivo della ragazza dove la stessa avrebbe dovuto passare la notte e l’intero weekend? Un comportamento che definire scandaloso è un eufemismo, ma che sicuramente denota la superficialità con cui i responsabili di quell’assessorato, primo fra tutti l’assessore Di Russo, affrontano i problemi ed i disagi delle categorie deboli di questa città! Ma non basta, visto che quelle tre persone ‘sfrattate’ dalla scuola di via Ponte la Pietra oltre ad essere stati lasciati nell’incuria, fra topi ed erbacce, per tutto il tempo in cui l’hanno occupata, e le foto parlano chiaro anche sulle reali condizioni di pericolsità della struttura, oggi si ritrovano al punto di partenza di quel venerdì di fine febbraio. A breve, infatti, dovranno lasciare quelle strutture che li hanno accolti in questo periodo, senza che né l’assessore Di Russo né i funzionari comunali abbiano predisposto una sistemazione futura per loro. Questi cittadini, non chiedono elemosine, ma solo un tetto per far fronte al loro disagio temporaneo, di non essere abbandonati a sé stessi senza un posto dove dormire nei prossimi mesi. L’assessore Di Russo, invece, pensa a ‘fare gestire a sindacati’ le case cantoniere, di recente assegnate dalla Regione Lazio al comune di Cassino, in centri di ascolto. Ma per ascoltare cosa, ci chiediamo?
Un bell’esempio di concretezza davvero. Del resto cosa aspettarsi da chi in questi anni ha occupato un assessorato latitando in modo scandaloso nel settore dei servizi sociali di questa città? Solo parole e proclami sterili, senza interventi concreti, come se con i centri di ascolto si possano risolvere tutti i problemi di disagio sociale. Forse il vero rimpasto in Giunta, il sindaco Petrarcone avrebbe dovuto farlo eliminando questi “rami secchi” della sua amministrazione. Se questo è il modo con cui l’assessore Di Russo e l’intera amministrazione Petrarcone intende continuare a gestire l’emergenza abitativa e le situazioni di disagio dei cittadini di Cassino nel modo che abbiamo raccontato, allora qualcosa in quell’assessorato è da rivedere. In ogni caso l’assessore Di Russo dovrebbe trarne le conseguenze politiche dimettendosi!
F. Pensabene
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