Indagini sulla discarica di Facciano a Pignataro, diminuiva il lavoro, aumentavano le spese

Indagini sulla discarica di Facciano a Pignataro, diminuiva il lavoro, aumentavano le spese

21 Marzo 2016 0 Di redazione

Pignataro InteramnaCon 11 indagati tra amministratori, dipendenti comunali e imprenditori, la procura di Cassino riporta alla ribalta della cronaca la discarica di Facciano a Pignataro Interamna, o meglio, la gestione della stessa. I reati ipotizzati in sette capitoli dal procuratore Alfredo Mattei vanno dall’abuso d’ufficio, alla truffa ai danni dell’ente pubblico fino all’omissione di atti d’ufficio. La vicenda é complessa e la procura ha chiuso le indagini notificandolo in questi giorni agli indagati. Si tratta della messa in sicurezza e caratterizzazione del sito su cui, secondo gli inquirenti, i lavori previsti sulla carta erano solo pazialmente realizzati, mentre le spese per realizzarli, lievitavano.
Le irregolarita contestate dalla procura hanno origine già nell’individuazione del rappresentante unico del procedimento relativo all’appalto dei lavori, individuandolo in un tecnico amministrativo, quando, in realtà, per quel lavoro, il comune aveva gia un tecnico in convenzione e che gli avrebbe fatto risparmiare quei circa 12.800 euro, sborsati per il nuovo incaricato.
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Ma ovviamente ci sarebbe dell’altro dato che scavando negli atti amministrativi dell’affidamento dei lavori, gli stessi sono stati affidati ad una società non titolata ad intervenire su lavori delle dimensioni di quello che interessava la discarica di Facciano.
Ma non solo, sotto la lente degli investigatori è finita anche una perizia di variante giugno 2011 e una perzia di assestamento di febbraio 2014. Due atti fondamentali su cui ruotano le ipotesi di reato di abuso d’ufficio e truffa per una parte degli indagati. Atti con cui sarebbe stato determinato uno stravolgimento del progetto esecutivo originario limitandolo a 1170 tonnellate il quantitativo di rifiuti da rimuovere, a fronte delle 6mila tonnellate previste a progetto. Diminuiva il lavoro, ma non la parcella da versare alla ditta che, invece, lievitava da 766mila euro di altri 191mila euro. Lievitavano anche, i compensi ai direttori dei lavori che da circa 12.800 arrivavano a 41.600 euro.
Eppoi la truffa ai danni dello stato sempre riconducibili alle delibera 123 del 2011 e 15 del 2014 con cui sono stati approvati il collaudo amministrativo, le risultanze tecnico economiche e la contabilita dei lavori in economia. Gli artifici e raggiri sono consistiti, secondo gli investigatori, nel far figurare un computo metrico delle perizia di variante che si dovesse procedere allo scavo, al trasporto e al conferimento a discarica autorizzata di rifiuti solidi non pericolosi per un tonnellaggio di 1172 mentre in realta, sarebbe stato accertato che sarebbero stati smaltiti solo 300 tonnellate di materiale, appena un quarto del previsto. Ma il compenso, invece, è stato completo dato che la Regione, indotta in errore ha pagato per quel lavoro un importo complessivo di 105 mila euro corrispondente allo smaltimento di 750 tonnellate di rifiuti, quando il giusto compenso per il quantitativo di rifiuti realmente rimosso sarebbe stato di circa 48mila euro.
Ma nonsolo. Un’altra voce di spesa nella gestione e mantenimento di una discarica è la raccolta del percolato; una sostanza liquida altamente inquinante che si raccoglie nelle vasche sottostanti all’impianto di giacenza dei rifiuti. Ebbene anche in questo caso, i volumi di materiale documentalmente raccolto cozzano con quelli realmente raccolti. Dalle indagini sarebbe emerso che la perizia metrica di variante parla di 374 tonnellate di percolato da asportare ma le indagini avrebbero accertato che in realtá ne sarebbero stati portati via solamente 90 tonnellate. La Regione ha quindi, anche in questo caso, liquidato i lavori dalla volumetria maggiorata con una somma di 26.812 euro quando, invece, sarebbero bastati appena 6.745 euro.
Per il solo sindaco di Pignataro si ravvisano, anche i reati di omissione di atti d’ufficio dato che, non avrebbe ottemperato alle precise indicazioni dall’Arpa lazio in ordine alla necessita di effettuare le analisi, una volta accertato il superamento del livello delle concentrazioni della soglia di contaminazione sia nel terreno che nelle acque di falda di arsenico cobalto, nichel, mercurio. Avrebbe omesso anche di adottato ordinanze per vietare di coltivare in quei terreni che si sapevano inquinati.
Lo ribadiamo, queste, al momento, sarebbero solamente gli esiti delle indagini svolte dalla Procura di Cassino. Agli 11 indagati è stato notificato l’avviso di conclusione delle indagini e hanno a disposizione 20 giorni di tempo per depositare memorie difensive dopo di che la procura deciderà se avanzare la richiesta di rinvio a giudizio, cosa probabile, ma a quel punto l’impianto accusatorio, per arriare al processo, dovrà reggere la verifica del Gip.
Ermanno Amedei