Samanta Mariani, da Aquino ad Edimburgo per studiare e vincere la Leucemia
5 Maggio 2016Aquino – Ha 35 anni e sogna di sconfiggere la leucemia. Samanta Mariani di Aquino è una delle tante “menti” che, dopo aver studiato ed essersi preparata in Italia lavora in centri di ricerca di altri Paesi.
L’obiettivo del suo studio che compie in equipe presso l’Università di Edimburgo è quello di arrivare a trovare un sistema alternativo al trapianto del midollo osseo. “Studio le cellule staminali ematopoietiche. In particolare mi occupo di capire come queste cellule, che sono quelle che poi daranno origine a tutte le cellule del sangue, vengano prodotte a livello embrionale, per poi cercare di riprodurre lo stesso meccanismo in laboratorio. Il fine ultimo di questa ricerca è quello di arrivare a differenziare le cellule staminali ematopoietiche in laboratorio in modo da poterle usare per il trattamento dei pazienti leucemici evitando tutti i problemi correlati al trapianto di midollo osseoâ€.
Perché poi una ricercatrice italiana debba lavorare all’estero è presto detto.  “Avere un’esperienza all’estero è quasi obbligatorio per imparare a fare buona ricerca, ma il problema è che l’Italia non viene vista come possibile meta da ricercatori stranieri perchè non è considerata un “estero” competitivo e formativo per loroâ€.
Ci piega che i nostri studenti sono apprezzati dal punto di vista teorico ma hanno spesso difficoltà con la pratica e con l’inglese “E’ un peccato conoscere le cose e non avere poi lo strumento per poter esporre agli altri la propria conoscenza”.
Il fattore, ovviamente, è anche economico. Samanta in Italia, in un centro all’avanguardia come quello scozzese, guadagnerebbe poco più della metà di ciò che guadagna in Scozia. Inoltre dovrebbe rinunciare a diritti come quello alla maternità e alle ferie.
Ermanno Amedei
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[…] Samanta Mariani, 35 anni di Aquino – Sogna di sconfiggere la leucemia trovando un sistema alternativo al trapianto di midollo osseo, ma per lavorare a questa ricerca è andata all’estero. Samanta Mariani, 35 anni di Aquino (Fr) è una delle tante “menti†che, dopo aver studiato ed essersi preparata culturalmente e scientificamente in Italia, lavora per lo sviluppo della scienza e della medicina in laboratori di altri Paesi. La incontriamo ad Aquino dove torna due volte l’anno per far visita ai suoi genitori. Il suo percorso professionale l’ha portata in Scozia, presso l’Università di Edimburgo e se le chiedete su cosa sta lavorando vi risponderà : “Studio le cellule staminali ematopoietiche. In particolare mi occupo di capire come queste cellule, che sono quelle che poi daranno origine a tutte le cellule del sangue, vengano prodotte a livello embrionale, per poi cercare di riprodurre lo stesso meccanismo in laboratorio. Il fine ultimo di questa ricerca è quello di arrivare a differenziare le cellule staminali ematopoietiche in laboratorio in modo da poterle usare per il trattamento dei pazienti leucemici evitando tutti i problemi correlati al trapianto di midollo osseoâ€. In sintesi, Samanta sta lavorando per sconfiggere la leucemia e le malattie del sangue. Il trapianto del midollo osseo è una pratica molto invasiva anche per il donatore e che non sempre garantisce i risultati sperati per il malato. La ricerca su cui sta lavorando Samanta ha l’ambizione di arrivare all’origine del problema risolvendolo. Prima di arrivare ad Edimburgo, la 35enne ha studiato in Italia e non solo. “Ho frequentato il liceo Scientifico Severi di Frosinone e poi ho studiato Biotecnologie Mediche presso l’Università di Modena e Reggio Emiliaâ€. A quanti anni sei andata via e quando hai capito che il tuo futuro professionale non era in Italia? “Sono andata via per la prima volta a 24 anni, ma poi ho deciso di tornare l’anno seguente per provare a fare il dottorato di ricerca in Italia. Dopo un anno di lavoro non pagato all’Università di Modena e Reggio Emilia sono approdata a Milano dove ho svolto un dottorato internazionale in Biologia Cellulare e Molecolare in collaborazione con la Open University di Londra. Poi ho deciso di ripartire per un periodo di post-doc negli Stati Uniti. Anche a quel punto pensavo di tornare presto in Italia. Dopo 3 anni negli Usa dove il mio lavoro era focalizzato sulla caratterizzazione di alcune proteine coinvolte nella Leucemia Mieloide Cronica e nella Leucemia Linfatica Acuta, ho trovato lavoro in Scozia in un ottimo laboratorio, in una buonissima università e a condizioni che non mi sarebbero mai state offerte in Italia purtroppo. Quindi il mio rientro in Europa è stato un rientro scozzese e non italiano. In realtà io guardo ancora con molta speranza all’Italia e spero di poter tornare in patria prima o poi, ma purtroppo al momento ci sono pochi centri in cui si riesce a fare ricerca ad alti livelli perché i soldi pubblici e privati investiti su questi argomenti sono troppo pochi per far si che si riesca ad essere competitivi. Nonostante questo però, va detto che in Italia ci sono dei laboratori eccellenti il cui valore è riconosciuto in tutto il mondo! Peccato siano numericamente pochiâ€. Da studentessa italiana, a ricercatrice straniera in altri Paesi. Come viene vista all’estero la preparazione impartita dalle scuole italiane? “La preparazione teorica degli studenti italiani è molto buona e viene ben valutata all’estero. Siamo un po’ carenti sulla parte pratica, ma teoricamente siamo molto preparati. Serve dedicare più tempo ai laboratori e soprattutto allo studio dell’inglese. È un peccato avere una buona preparazione teorica che poi non si riesce a trasmettere in un ambiente internazionaleâ€. Perché si decide di andare a lavorare all’estero esportando il proprio “sapere†è facilmente spiegabile con i numeri. “Un mio collega italiano – spiega Samanta – del mio stesso livello guadagna circo 1500/1600 euro se lavora in istituti di ricerca famosi tipo l’IFOM/IEO a Milano. Io guadagno circa 2200 sterline al mese (circa 2800/2900 euro). Il problema in Italia poi sono i diritti lavorativi che mancano. Se stai facendo un dottorato di ricerca non hai per esempio diritto alla maternità , le ferie non sono regolamentate e sono a discrezione del tuo capo. Lo stesso vale per alcune posizioni da post laurea in cui il precariato non si trasforma in produttiva mobilità . La maggior parte delle posizioni in accademia non sono stabili in alcuna parte del mondo. È così che funziona nelle università , ma mentre questo non è un problema qui nel Regno Unito ad esempio, dove puoi comunque comprare una casa avendo un contratto lavorativo di soli due anni, in Italia diventa una situazione penalizzanteâ€. Convenienza o meno, comunque andare all’estero è formativo per chi fa ricerca, il problema è che poi non si rientra più in Italia. “Avere un’esperienza all’estero è quasi obbligatorio per imparare a fare buona ricerca, ma il problema è che l’Italia non viene vista come possibile meta da ricercatori stranieri perchè non è considerata un “estero” competitivo e formativo per loroâ€. Eppure di investimenti per l’istruzione il nostro Paese ne fa dato che si calcola che il costo complessivo della formazione di un post dottorato, quindi dalle scuole elementari fino al dottorato, sia di circa 300mila euro per lo Stato italiano. Questi sono tutti soldi che vengono investiti su una persona che poi va a produrre all’estero. “Io non so perchè l’Italia non investe in ricerca, ma so che non è una cosa intelligente neanche se calcolassimo la perdita solo da un mero punto di vista economico. Ma ciò non vuol dire che l’Italia non abbia potenziale. I ricercatori italiani sono ben visti in tutto il mondo e sono molto produttivi. Bisognerebbe solo cercare di costruire più opportunità per chi, per vari motivi, decide di voler restare in patria. Ci sono laboratori eccellenti in Italia che producono molto pur avendo pochi soldi. Se solo si investisse un po’ di più saremmo assolutamente tra i migliori al mondoâ€. Ermanno Amedei Leggi anche la notizia su Ilpuntoamezzogiorno […]
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