L’acqua non è tutta uguale. Acea e Acquedotto Pugliese, le due diverse gestioni

L’acqua non è tutta uguale. Acea e Acquedotto Pugliese, le due diverse gestioni

9 Settembre 2016 0 Di redazione

A Monteroni, in provincia di Lecce, il servizio idrico costa circa 300 euro l’anno. Pressappoco lo stesso pagano i cittadini di Santa Maria di Leuca. Punte estreme della Penisola, dove il prezioso liquido arriva dopo aver percorso interamente i 245 chilometri dell’acquedotto Pugliese. Significa che l’acqua che sgorga in irpinia, a Caposele, e attraverso un’opera d’arte ingegneristica la cui realizzazione è iniziata agli inizi del 1900, e perfezionata nel corso del secolo, l’acqua arriva a dissetare un’intera Regione, la Puglia povera di sorgenti. C’è di più. A Caposele, tranquilla cittadina di circa 3.500 abitanti, dove nasce il fiume Sele e inizia  l’acquedotto Pugliese, viene riconosciuta da tutti i pugliesi, un senso di gratitudine per tutta l’acqua, circa 4mila litri al secondo, che serve per dissetare una terra che altrimenti sarebbe arida e assetata. Su una lastra di marmo davanti all’impianto di captazione a Caposele, i pugliesi hanno scritto: “Avremmo dato tutto per ottenere una fonte, ci bastò semplicemente chiedere e dalla generosità di Caposele sgorgò la nostra Pirene. Nel ricordo indelebile di un legame costruito sull’acqua e la giustizia, la puglia pose grata. (6 luglio 2012)”. Ma la gratitudine per la comunità irpina non è solamente morale, ma anche materiale. Come è giusto che sia, in quelle zone ricche di acqua e non solo a Caposele ma manche in tutti i comuni del circondario, il servizio idrico costa ai residenti alcune decine di euro l’anno. Dai 20 ai 30 euro senza considerare i consumi. A Caposele (il nostro Settefrati) l’Acquedotto Pugliese (la nostra Acea), nel 2012 ha riqualificato a proprie spese la piazza principale. Dimenticavamo un altro particolare, il milione e duecentomila euro che ogni anno, l’acquedotto pugliese elargisce come ristoro alle casse comunali di Caposele. Non vi sforzate a trovare somiglianze con la gestione idrica sul nostro territorio. Non ce ne sono. A Settefrati, comune da cui Acea capta acqua per i suoi acquedotti, fuori dall’impianto c’è scritto solamente “divieto di accesso”.

cancello Acea

Ai settefratesi, così come a qualsiasi comunità che ospita sul proprio territorio sorgenti Acea,  pagano il servizio idrico circa 350 euro l’anno, più o meno come i residenti a Santa Maria di Leuca, pur “dormendo” sopra le sorgenti. Nessuna piazza, nessun ristoro, nessuna gratitudine, anzi, a loro spese devono provvedere ad assicurare la percorribilità della strada che porta alla sorgente. E Cassino? Uguale. Persa, a quanto pare, anche l’ultima speranza di conservare la gestione del servizio idrico, dovrà consegnare al gestore privato, Acea, le chiavi dell’acquedotto comunale. Eppure da Cassino, così come da Caposele, parte un acquedotto, quello campano, che disseta Napoli, quindi fuori regione, e che, quella stessa acqua, viene rivenduta nel Lazio alle isole Pontine. Mandiamo giù tutto. Permettiamo supinamente che i privati gestiscano beni primari come l’acqua. Una condizione che gli irpini non hanno accettato. Certamente loro hanno avuto una classe politica, diversa dalla nostra, che non ha svenduto il loro diritto a bere la loro acqua senza pagarla a “litro d’oro”.

Ermanno Amedei              Â