Montecassino e l’Albaneta, quell’assordante silenzio dell’Abate

Montecassino e l’Albaneta, quell’assordante silenzio dell’Abate

22 Settembre 2016 0 Di redazione

Cassino / Montecassino / Albaneta – La valutazione della cravatta rispetto all’abbinamento con la camicia, sembra essere più importante di ciò che dice chi la indossa. Lo si evince da quello sparuto coro di “lei non sa chi sono io” pronunciato da terzi a difesa dell’abate Ogliari a replica della lettera del console polacco con la quale il diplomatico è tornato sulla vicenda dell’Albaneta e dell’accessibilità ai monumenti tanto cari al popolo polacco.

Diciamo la verità, una lettera dai toni molto duri che lasciavano intendere una sfiducia in cose dette, in promesse fatte, in garanzie date e andate tutte deluse. Una posizione, quella del console polacco Tomasz Orlowski, severa e che meritava certamente risposte diverse dai semplici attacchi “al colore della sua cravatta” inteso come il modo informale di rendere pubblica la lettera inviata ad Ogliari. La vicenda è quella nota dell’Albaneta che ha nuovamente animato le fiamme della polemica già divampate lo scorso Natale quando con l’iniziativa commerciale realizzate sui terreni affittati dai monaci di Montecassino ad un privato, si pretendeva il pagamento di un biglietto per accedere al mercatino ed anche ai monumenti commemorativi dei polacchi. Lo sa bene il diplomatico polacco che ha dovuto sborsare sei euro per arrivare al monumento del Carro Armato. La vicenda si sarebbe riproposta con il congelamento della manifestazione che da quattro anni si svolge percorrendo la Cavendish road, l’iniziativa di una associazione che organizza una camminata sul “sentiero” di guerra per carri armati costruito dai Neozelandesi, nel corso della seconda guerra mondiale, per portare alle spalle dell’Abbazia, una colonna di cingolati polacchi. Partendo da Caira, i partecipanti sarebbero arrivati percorrendo la Cavendish, al  monumento polacco del Carro armato deponendo dei fiori. L’organizzatore sostiene che l’affittuario dei terreni dei monaci, avrebbe preteso il pagamento di un pedaggio. Lo stesso imprenditore, ad altri giornali, avrebbe poi riferito che per la sicurezza dei partecipanti era necessario che l’organizzazione si avvalesse di alcune guide da lui indicate, ma questo aveva certamente un costo.

In attesa di conoscere la posizione ufficiale dell’abbazia in merito alla dura lettera del console, posizione che secondo i ben informati non sarà resa pubblica per ragioni di “stile”, la difesa della proprietà dell’Albaneta si gioca, direttamente o indirettamente, sui numeri o su chi specula o chi specula di più. E’ stato messo in evidenza che anche gli organizzatori di iniziative che hanno come obiettivo la visita ai monumenti polacchi o ai luoghi della battaglia di Montecassino, chiedano il pagamento di una quota di partecipazione. Non ci risulta che per partecipare alle due passeggiate organizzate da Edoardo Grossi per portare fiori al monumento e bloccate dalla questura siano, stati chiesti soldi. E comunque un conto è chiedere ai partecipanti un contributo per il pasto e per l’organizzazione di un visita ad un luogo, lasciando comunque libertà poterlo visitare in autonomia, è un altro è accedere a quel luogo solamente dietro il pagamento di un pedaggio così come era stato fatto a Natale.

Un problema che nasce dalla poca chiarezza. Le istituzioni devono stabilire, per dirimere ogni lite e controversia, se c’è un diritto pubblico ad accedere a quei monumenti. Un compito che spetterebbe al Padre Abate come rappresentante dell’ordine Benedettino. Elegante o no che sia la forma di parlare in pubblico, dica chiaramente se a suo parere è legittimo accedere liberamente a quei monumenti, abbazia della madonna dell’Albaneta compresa, o se per farlo è necessario un compromesso con il locatario dei suoi terreni. Solamente così il Sacro Monte tornerà a unire e non a dividere.

Ermanno Amedei