La rivoluzione dei PIR: l’Italia torna a credere nelle Piccole e Medie Imprese

La rivoluzione dei PIR: l’Italia torna a credere nelle Piccole e Medie Imprese

11 Luglio 2017 0 Di redazione

RomaIl mercato finanziario, soprattutto in Italia, non accoglie sempre con entusiasmo le novità. Ce n’è una, però, che non solo ha suscitato l’interesse degli investitori, ma è anche andata ben oltre ogni rosea aspettativa. Si tratta dei nuovi Piani Individuali di Risparmio, introdotti dal Governo con l’ultima legge di Stabilità (Fonte blog.moneyfarm.com).

Il successo di questo nuovo strumento finanziario è testimoniato dai numeri: le Camere avevano infatti previsto che entro il 2017 i PIR sarebbero riusciti a raccogliere una cifra che si avvicinava appena ai 2 miliardi di euro. La realtà ha invece superato qualsiasi previsione, visto che, secondo i numeri forniti da Assogestioni, sono già 3 i miliardi investiti nei PIR a fine 2017, e visto l’importante trend si potrebbe anche avvicinare quota 10 miliardi. A testimoniare questo boom arriva anche la proliferazione sia della domanda che della stessa offerta. Attualmente il risparmiatore può infatti contare su 38 PIR differenti, 15 dei quali hanno visto la luce in seguito alla riconversione di strumenti già esistenti.

Se i numeri della raccolta non convincono i più scettici, basterà sbirciare all’indice Ftse Aim, simbolo sul mercato delle aziende medio-piccole, che da gennaio ad aprile ha fatto registrare un confortante +24%, ma ancora meglio è andata al Ftse Star che divide le aziende in base alla loro grandezza, che ha chiuso il quadrimestre con oltre 28 punti percentuali di guadagno. L’inversione di tendenza degli investimenti è stata sottolineata anche dalle nuove quotazioni, e il confronto tra 2016 e 2017 è sinora schiacciante. Lo scorso anno sono stati quotate 20 aziende e 14 Ipo, il 2017 ha portato in dote già 15 ammissioni, di cui 8 aziende sono posizionate nel segmento Aim Italia, 6 su quello MTA e una sul Miv. Le previsioni vanno ben oltre, con l’IR Top che calcola 50 nuove quotazioni entro dicembre 2018. L’onda di entusiasmo è stata evidente anche nell’adesione massiccia al programma Elite della Borsa Italiana, i cui corsi di formazione per le aziende sono stati seguiti nel 2017 da oltre 100 imprese diverse.

Le motivazioni che sottendono questo clamoroso boom finanziario risiedono essenzialmente nei vantaggi fiscali che il Governo ha introdotto per agevolare gli investimenti. I titoli non sono infatti tassabili per almeno 5 anni, e non ricadono nei beni coinvolti nelle tasse di successione. Altra peculiarità che è da subito piaciuta agli investitori  è una forte diversificazione a base nazionale. Secondo quanto stabilito per legge, per avere diritto alle agevolazioni di tipo fiscale, i piani individuali di risparmio devono essere indirizzati per il 70% ad obbligazioni o azioni made in Italy, e di questa percentuale 3 azioni su 10 devo premiare l’universo delle Piccole e Medie Imprese. Si tratta quindi a tutti gli effetti del primo trait d’union tra il mondo delle imprese e quello della finanza, nel tentativo di ridare slancio all’economia nazionale.

Altra caratteristica dei PIR è la proposizione alle persone fisiche, che possono investire in questo strumenti fino ad un massimo di 30.000 euro all’anno per 5 anni, quindi per un totale di 150mila euro. Per quel che concerne i rischi, molto dipende dall’indole dell’investitore, che può allocare una parte più o meno consistente alle obbligazioni e ad imprese che non operano sul territorio nazionale. La presenza in portafoglio di azioni di questa tipologia è comunque consigliata nell’ottica della diversificazione che ha già fatto il bene di altre forme di investimento. E a chi pensa ancora che i PIR possano essere un flop o una maxi bolla, gli esperti fanno notare che gli investimenti devono durare almeno 5 anni per ottenere le agevolazioni, e un’uscita preventiva non implica alcuno sgravio fiscale per chi investe.