Con i calzini, tra la vita e la morte, nel parcheggio dell’ospedale di Cassino

Con i calzini, tra la vita e la morte, nel parcheggio dell’ospedale di Cassino

25 Ottobre 2017 Off Di redazione

CASSINO - Una mattina come tante. Infermieri, operatori, medici e tecnici trovano posto nei parcheggi dell’ospedale. Gradualmente e in modo ovviamente casuale cominciano ad arrivare gli utenti pronti per le prestazioni sanitarie, i parenti dei ricoverati con borse di beni necessari e qualche rivista utile alla noia necessaria della corsia. Così ogni giorno, così tutte le mattine al Santa Scolastica di Cassino. Questa quotidianità di file e ricerche del parcheggio è comunque interrotta dalle richieste spesso insistenti di giovano e non, imbonitori che si improvvisano parcheggiatori o venditori di calzini in “filo” o accendini per il dottore. La verità dei fatti li fa riconoscere in pendolari dell’improvvisazione che, lasciando Napoli al mattino, giungono a Cassino con borsoni neri alla ricerca di una giornata purtroppo fatta di espedienti. La chiacchiera più ovvia, ascoltata da chi scrive nel parcheggio dell’ospedale, è la seguente: “Meglio qua che a far danni a Napoli!” Oppure: “sono comunque padri di famiglia e vanno aiutati!” Ed allora davanti a tali affermazioni universalistiche e pregne di filantropia comoda i più accettano e i tanti fanno finta di nulla tra un “dottò vulite i calzini” ed un “prego il parcheggio sta libero!” … il tutto condito da una docile se non scontata richiesta di un caffè pagato ed un “a vostro buon cuore!”.

Ma talvolta si vede qualcosa di fastidioso e inopportuno. In un ospedale ci si arriva sempre e comunque per la “Vita”.

La vita che arriva in caso di nascita; la vita da tutelare in caso di malattia; la vita che va e non torna più in caso di morte.

I tre casi sono comunque reali e necessari e attengono a quella sfera privata ed ad una intimità che non deve e non può essere interrotta dal primo imbonitore o parcheggiatore che ti segue enucleando problemi e storie di ipotetiche famiglie piene di figli e vecchie ed infami storie.

Questo è uno sfogo non contro le persone in quanto tali e per cosa fanno. Non disturba neanche il folklore della cadenza dialettale e del colorito e sfrontato senso di appartenenza alla metropoli partenopea. Qui si vuole chiedere giusto quel tanto di buon senso e rispetto umano che il luogo di vita e di morte chiede.

In un ospedale ci si entra in punta di piedi nel rispetto dei tanti che vi lavorano e dei tanti che, da pazienti, vi dimorano. Cari venditori ambulanti, cari parcheggiatori, basterebbe un po’ di educazione e un po’ di buon senso per non far inalberare chi cerca un parcheggio o chi va in ospedale talvolta per gioire, a volta per piangere.

A chi scrive spetta raccontare e sottolineare l’umanità varia di una mattinata al Santa Scolastica. Ad altri spetterebbe verificare quella sequela di norme, codici ed permessi che porterebbero a definire il parcheggiatore e l’ambulante “autorizzati o non”.
GrEg