Essere donna a Cassino (e non solo)

Essere donna a Cassino (e non solo)

1 Dicembre 2017 0 Di Felice Pensabene

Prendi la borsa, cerca le chiavi, non dimenticare l’ombrello. Esci, chiudi la porta, incontra il mondo.

È mattino e fa freddo, ti sfreghi le mani e ti porti a passo spedito verso l’ufficio. Il tragitto è breve, hai ancora venti minuti prima dell’apertura e camminare ti rilassa, fai mente locale dei vari impegni: ufficio, lavanderia, spesa, prendere i bambini a scuola, preparare la cena. Una giornata come tante. Ah, giusto, ritirare la macchina dal meccanico. E mentre ci pensi ti distrai, il tacco incontra una mattonella fuori posto: si piega la caviglia, vorresti imprecare dal dolore. I marciapiedi di Cassino amano farci inciampare.

Ti passano accanto i volti assonnati degli studenti, divertiti da quel piccolo incidente. Guardi le Converse basse di una ragazzina e la invidi. Poi guardi lo zaino enorme che porta sulle spalle, il vocabolario di latino sostenuto dalle esili braccia. Accanto a lei altre amiche e un ragazzo, ha le braccia libere. Non esiste più la galanteria.

Avrà 16 anni, 17 forse. Saluta gli amici e aspetta la corriera, sola. Dovrà aspettare qualche minuto, sa che ogni secondo è un supplizio: dopo tutti quei mesi non riesce ancora ad accettare l’odiosa abitudine. L’abitudine di guardarsi intorno e trovare occhiate indiscrete, che sia l’immigrato di turno o il gruppo di ragazzi più grandi. L’abitudine delle risatine, le sopracciglia inarcate che cercano un di più, che qualche volta osano avances. Ha il parka, le gambe ben fasciate dai jeans scuri. Eppure si sente nuda.

Nude, le mani di un bambino che gioca nella Villa Comunale. La mamma lo guarda, seduta su una panchina, chiacchierando con un’anziana signora. È ora di tornare a casa, il bambino si avvicina. Ha il pantalone strappato sul polpaccio. “Cos’hai fatto? Ti sei sporcato! Fa’ vedere, è strappato. Dovrò ricucirlo! Come hai fatto?”, riesce a stento a mascherare la rabbia. “Sono stato sullo scivolo”. Per una mamma Cassino è anche portare il figlio al parco e rammendare i vestitini perché i giochi sono rotti, usurati dal tempo, scheggiati dai vandali.

“Vandali, tutti vandali questi ragazzi. Quando esco dalle Poste, quando prendo la pensione, cammino con la borsa stretta sotto al braccio. Già prendo una miseria, devono passare sul mio cadavere per averla loro!”. “Signora stia attenta, non avrebbero certo scrupoli a farlo”.

E si fa pomeriggio, l’inverno lo rende già sera. Il traffico di via Garigliano fa riaffiorare i nervi, per fortuna fra poco inizia il corso in palestra e potrai scaricare tutta la tensione. Ma sì, parcheggia qui, qualche metro in più a piedi è tutta salute. Via Garigliano è buia, i marciapiedi pessimi. È una fortuna avere le scarpe da ginnastica. “Ciao bela, dove vai? Bele gambe, fami vedere anche resto”. Ti sale la nausea, tiri dritto. C’è il piccolo piazzale dove ferma la corriera. Adulti e ragazzi formano gruppetti qua e là impedendo il passaggio. Chiedi permesso, sgusci sotto quegli sguardi. “Bona ch’esta”, ti giri furiosa. A parlare è un tizio sulla sessantina. E no, il subdolo non fa distinzione fra età o colore di pelle.

La fa tra uomo e donna. Ed essere donna a Cassino, come altrove, vuol dire anche essere importunata mentre cammini per strada, che tu abbia i leggings e ti stia recando in palestra come a scuola con i jeans di un’adolescente. Che tu stia uscendo dal supermercato, è sentirsi dare della facile al rifiuto di concedere un’offerta all’abusivo di turno. Essere donna a Cassino è affrontare le avversità che incontreresti in una qualsiasi altra città, che tu stia passeggiando lungo i Navigli a Milano o stia ammirando il tramonto sulla Senna a Parigi. È la paura di un’anziana di essere derubata per strada, quella di una ragazzina di fare brutti incontri tornando a casa il sabato sera. È inciampare nelle buche disseminate ovunque, aver paura che il proprio bambino si ferisca giocando al parco. Sentire dell’ennesimo caso di stalking, delle percosse di un marito, del mondo che grida: “Aiutiamole” e poi a misurarti con quei problemi, con quegli insulti, gli sguardi, sei tu.

Prendi coraggio, cerca la forza, non dimenticare la pazienza. Esci, chiudi la porta, incontra il mondo. È un altro giorno.

Giulia Guerra