Massacro tra mura domestiche, sono 217 donne uccise dai mariti o compagni e il 15% aveva denunciato le molestie

14 Settembre 2012 0 Di redazione

Omicidi a seguito di separazione insopportabile: il tarlo della gelosia che consuma, la smania di possesso, l’impossibilità di accettare un abbandono sono tematiche costanti nelle cronache degli ultimi tempi.
“E’ stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati” cantava Fabrizio de André in un puro inno all’amore capace di bastare a sé stesso, superando le distorsioni della paura che trasformano molti rapporti in trappole mortali; se oggi questa frase sembra ben lontana dalla condivisibilità non è perché l’amore si è rafforzato ma perché si è indebolito, lasciando spazio a rapporti patologici segnati da una dipendenza affettiva che spesso viene confusa, erroneamente, per un “eccesso di passionalità” o persino un “troppo amore” che ottenebra la razionalità dell’omicida. Questi errori di definizione non permettono di rilevare la gravità di quella che sta assumendo sempre più i numeri di una mattanza e che vede, al 10 di settembre di quest’anno, circa 90 donne uccise da uomini che spesso conoscevano, e che – a seguito di una separazione o un rifiuto – hanno deciso di mettere fine alla vita di quelle che dicevano di “amare”. Una decina gli uomini che si sono suicidati dopo aver commesso un omicidio.
Il 15% circa delle donne uccise aveva presentato denuncia per stalking, ma probabilmente sono state molte di più, tra le vittime, le donne perseguitate che non hanno presentato denuncia per paura, perché temono della loro incolumità e di quella dei familiari, per sfiducia nelle autorità, per la difficoltà di far fronte alle inevitabili spese legali. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Stalking almeno un persecutore su tre è recidivo, e dopo la denuncia o condanna torna a perseguitare la vittima, spesso con una ferocia maggiore dettata da uno spirito di vendetta che non viene minimamente mitigato dall’intervento delle autorità.
Il Ministro in carica dovrebbe attuare una spending review anche sulle risorse economiche ed umane che i contribuenti, da alcuni decenni, hanno “dovuto” destinare al finanziamento dei centri anti violenza, dei Comuni, Province e delle Regioni oltre che al Numero di Pubblica Utilità 1522 e alla Rete Nazionale Antiviolenza.
Le energie e le competenze profuse, a fronte dei finanziamenti ricevuti, indicano chiaramente che il lavoro solo sulle vittime non è efficace e che – per tentare di contenere le varie forme di violenza, stalking compreso – è necessario investire su una reale prevenzione che dovrebbe risiedere nel lavoro con i presunti autori ed i loro familiari. Perché lavorare con gli stalker?
Lo stalker è un individuo che presenta gravi difficoltà ad accettare ed elaborare un abbandono a causa di un disagio psicologico pregresso che deve essere affrontato con specifici strumenti e con l’intervento di psicoterapeuti specializzati. La sola coercizione non desta, nello stalker, la consapevolezza dei suo errori, perché egli non è in grado di prendere autonomamente consapevolezza della lesività del suoi atti.
L’ Osservatorio Nazionale Stalking ha istituito, dal 2007, il Centro Presunti Autori che ha già risocializzato 200 stalker. Volontari psicologi e psicoterapeuti altamente specializzati, operano, con sedute di psicoterapia, sul presunto autore e sulle sue difficoltà ad elaborare ed accettare un abbandono. Questa è l’unica modalità per stroncare la recidiva del persecutore e permettere alle vittime di tornare a condurre una vita normale. Grazie al percorso, il 45% degli stalker ha raggiunto un completo contenimento degli atti persecutori, mentre nel 20% dei casi si è verificata una significativa diminuzione dell’attività vessatoria, della recidiva, e la prevenzione degli agiti più gravi. Sarebbe importante prevedere nella legge 612-bis il percorso per il presunto autore per diminuire l’incidenza dello stalking.
Una vittima uccisa è una vittima che non è stata adeguatamente protetta. Quando un omicidio avviene dopo una denuncia per stalking, è necessario soffermarsi a riflettere riguardo alla reale efficacia di questa legge, con la finalità di perfezionarla ed integrarla con strumenti adeguati. Dati ufficiali relativi al 2011 descrivono una realtà sconcertante: le misure cautelari contengono in circa il 50% la recidiva nei casi di violenza e atti persecutori. In una percentuale significativa, gli omicidi avvengono dopo o durante l’adozione delle misure cautelari o dopo che la vittima ha esposto una o più denunce.

Gli esperti volontari dell’Associazione Italiana di Psicologia e Criminologia dal 2001, in particolare dei dipartimenti denominati Osservatorio Nazionale Stalking, Centro Presunti Autori, Osservatorio Sicurezza e Osservatorio Nazionale sulla Violenza Psicologica, in collaborazione con il Sindacato di Polizia Coisp, dal 2009 con la Commissione Sicurezza di Roma Capitale e dal 2011 con l’Assessorato Politiche sociali e Famiglia della Regione Lazio, portano avanti il progetto “Stalking Care”. I volontari si prendono cura di tutte le persone che di rettamente o indirettamente subiscono o agiscono tutte le forme di violenza, sia uomini che donne, presunte vittime, coppie vittime/autori e presunti autori.
Chi è uno stalker? Ribadendo che stiamo analizzando una realtà assolutamente trasversale, in oltre 10 anni di esperienza sul campo possiamo tracciare una sorta di identikit:

Nel 70% circa è una persona di sesso maschile;
Nel 95% circa è un conoscente (familiare, partner, ex partner, amico o collega di lavoro e studio);
Nell’80% circa è un manipolatore affettivo, una persona che agisce da subito violenza psicologica;
Nel 70% circa ha subito un lutto, un abbandono o una separazione significativa mai elaborata: tale dolore lo/la rende molto sensibile ad un abbandono, una separazione o rifiuto.
Nell’85% circa vive il c.d. Colpo di Abbandono Improvviso;
Nel 100% circa dopo il C.A.I. agisce una forma di craving (non poter fare a meno di agire determinati comportamenti) simile alle persone che sono dipendenti da gioco, da internet o da sostanza;
Nel 90% circa ha uno stile di attaccamento insicuro evitante o ambivalente;
Nell’80% circa (la ricerca è ancora in atto) inizialmente dimostra un’empatia molto elevata che nasconde in realtà un’empatia vicina allo zero finalizzata ad usare le altre persone;
Nel 10% circa soffre di una psicopatologia invalidante con perdita di contatto con la realtà;
Nel 90% circa soffre di una psicopatologia delle relazioni.
Sono le stesse vittime e i familiari a chiedere un percorso di ri-socializzazione per i loro cari e ad inviarli ai nostri centri, dato che difficilmente denuncerebbero gli stessi alle forze dell’ordine. Per una prevenzione efficace ed efficiente e per far emergere il numero oscuro (non denunce) che in questi casi si aggira intorno al 95%, oltre alle misure cautelari bisogna prevedere percorsi specifici sia per le persone in libertà o che sono tornate in libertà, sia per quelle ristrette in carcere e per quelle che possono godere dell’affidamento ai servizi sociali.
A Roma, dal 15 al 17 novembre 2012 sarà organizzato il I° Congresso Europeo sui presunti autori di violenza, stalking e omicidi in collaborazione con il Sindacato di Polizia Coisp, la Commissione Sicurezza di Roma Capitale e l’Assessorato Politiche sociali e Famiglia della Regione Lazio.
Numero nazionale stalking: 0644246573 Mail: presuntiautori@stalking.it
Web: www.centropresuntiautori.itwww.stalking.itwww.osservatoriosicurezza.itwww.mediacrime.itTwitter: stalkingitaly – Skype: stalking.it

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