“Io non mi suicido”. A 91 anni, imprenditore Molisano sul lastrico nonostante un credito dalla Regione di 6 milioni

4 Ottobre 2013 0 Di redazione

La crisi è devastante e ha messo letteralmente in ginocchi l’imprenditoria dll’intera Nazione. I paradossi di imprenditori che avanzano crediti dalle amministrazioni pubbliche, ma che falliscono per poche decine di migliaia di euro, sono frequenti così come frequenti le drammatiche scelte che, per questa situazione, portano al suicidio. A 91 anni, però, c’è stato chi ha detto: “Io non mi suicido e mi incateno”. E’ antonio Capussi, classe 1922, imprenditore edile che avanza dalla regione Molise circa 6 milioni di euro per aver costruito 80 chilometri di strade. Nonostante ciò, vista la crisi di liquidità causata dal mancato pagamento di quei lavori, le aste giudiziarie gli stanno portando via tutto quello che ha messo insieme in una lunga vita di lavoro. Pubblichiamo di seguito la sua lettera di denuncia.
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E’ stata emessa dalla Corte d’Appello di Campobasso la sentenza che farà la storia della Giurisprudenza italiana in negativo. Una sentenza che da una parte riconosce un diritto e poi nelle righe successive non lo liquida aprendo la strada alla dilapidazione dei beni di un poveraccio, un imprenditore controcorrente, che ha deciso di sfilarsi dalla spirale di orrore di tanti, troppi imprenditori, che in Italia hanno scelto e scelgono la via del suicidio.
“Ho deciso di incatenarmi di nuovo. Le catene sono tutto quello che mi resta per rivendicare diritti calpestati. No, io non mi suicido come tanti altri imprenditori perché a 91 anni si apprezza pienamente il senso della Vita”. E’ ancora una volta un urlo di dolore quello lanciato da Antonio Cappussi, l’imprenditore 91enne che ha realizzato circa 80 chilometri di strade interpoderali che la Regione Molise non vuole pagare. “Si trincerano dietro i cavilli burocratici – continua Cappussi – pur ammettendo che quelle strade sono state realizzate, che costituiscono un arricchimento per la collettività, percorse ogni giorno da centinaia di automobili, mezzi agricoli, famiglie, lavoratori, gli stessi consiglieri e assessori regionali per venire a sedersi tra i banchi di Palazzo Moffa. Io, a 91 anni, tre ictus, sono costretto a combattere ancora, in prima linea, anche se le forze mi stanno abbandonando. Quelle strade la Regione fingeva di non vederle, finché non ha ammesso che sì, esistono, sono di pubblica utilità, ma io non sarei legittimato a rivendicane il pagamento. Capite? Una delibera della Giunta Regionale in cui si impegnano a pagare a Cappussi Antonio e alle ditte della famiglia a lui collegate, e loro dicono che non sarei titolato. Lo dicono alla Corte d’Appello di Campobasso che emette una sentenza che farà la Storia della Giurisprudenza in negativo, della mala-giustizia, anzi della negazione della giustizia! Certo è che l’ill.mo giudice Rita Carosella, relatore, non ha mai alzato la testa, nemmeno una volta per sbaglio, durante tutta l’udienza, e quando è rientrata in aula con 45 minuti di ritardo rispetto all’ora prevista, aveva le mani incrociate in una smorfia di costrizione.
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La Corte – prosegue il Cappussi – è rientrata in aula, tutti a testa bassa, la presidente dr.ssa Clotilde Parise, il consigliere dr. Giovanni Saporiti, il relatore dr.ssa Carosella. Ha parlato la Presidente Parise, ma sembrava che parlasse d’altro. Ha dato indicazioni al cancelliere, ma a noi, a mia figlia, a mio figlio, agli avvocati Cecchetti, Iazzetta e Sulmona, non ci ha nemmeno guardati. Sempre con lo sguardo rivolto ad una immagine invisibile nell’aula, che evidentemente vedeva solo lei, ha detto testualmente: “LA SENTENZA È LÀ, POTETE LEGGERLA!” Come? La sentenza è là? A 91 anni, tre ictus, le gambe che non mi sorreggono più – aggiunge l’imprenditore – il sangue che fatica a circolare, quattro ore in Tribunale attendendo il nostro turno, devo sentirmi dire che “la sentenza è là”. Ha parlato di “difetto di legittimazione” l’on. Giudice Parise, come se le ditte dei miei figli e di mia moglie non mi avessero delegato in tutto e per tutto, come se mi fossi svegliato una mattina e avessi deciso di fare causa alla Regione per conto di imprese sconosciute. Avete davanti un povero vecchio che non può morire tranquillo e in pace, a 91 anni, se non vede finalmente riconosciuto il proprio diritto, se non ottiene giustizia, se non restituisce tranquillità ai suoi tre figli e ai suoi sei nipoti. A quel vecchio, senza avere il coraggio di leggere la sentenza, parlano di legittimazione. Ma quale legittimazione? C’è una delibera in cui la Regione riconosce il suo debito e si impegna a pagarlo. Che altro c’è da discutere? Quale legittimazione? E perché in tutti questi anni, dal 2008, nessuno mi ha mia chiesto di esibire una delega, di dimostrare la legittimazione? Se la Regione si è impegnata a pagare a Cappussi Antonio in rappresentanza del gruppo di imprese familiari, perché a distanza di cinque anni non sarei legittimato? Perché? Ditemi perché, sono forse troppo vecchio e troppo ignorante per capire le ragioni?”

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“Ma quello che fa contorcere le viscere e fa gridare allo scandalo – prosegue il racconto disperato di questo imprenditore battagliero – è il fatto che in quella sentenza la Parise ha riconosciuto un diritto “a parte le strade denominate Tizio, Caio e Sempronio, per le altre il Cappussi non è legittimato, le altre ditte dovevano presentare ricorso”. Caspita, se mi riconosci almeno quello strade, quantificate una per una dal CTU, fintantoché non si va in Cassazione, liquidamele in sentenza così che io possa fermare i creditori. E’ giusto no? E’ lampante signori miei. E invece no. Ebbene, pur stimando l’on. Giudice Parise, anche senza intaccare il timore referenziale che si porta verso la Magistratura e il Potere, questo “errore macroscopico”, fa nascere dei dubbi sul sistema giuridico italiano che permette tali obbrobri”.
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“Tutto questo – sottolinea il Cappussi – perchè la Regione vuole perdere tempo, nascondendosi dietro i cavilli. Presidente Paolo Di Laura Frattura, assessori Michele PETRAROIA, Pierpaolo NAGNI, Vittorino FACCIOLLA, Massimiliano SCARABEO, consiglieri Nicola CAVALIERE, Salvatore CIOCCA, Vincenzo COTUGNO, Domenico DI NUNZIO, Cristiano DI PIETRO, Antonio FEDERICO, Angiolina FUSCO PERRELLA, Nico IOFFREDI, Nunzia LATTANZI, Patrizia MANZO, Salvatore MICONE, Filippo MONACO, Vincenzo NIRO, Carmelo PARPIGLIA, Nicola Eugenio ROMAGNUOLO, Giuseppe SABUSCO, Francesco TOTARO, vi sentirete davvero così orgogliosi di aver avuto la meglio su un povero vecchio appigliandovi alle parole, ai cavilli burocratici, alle sottigliezze lessicali, agli arzigogoli mentali, ai pretesti fumosi, ai sofismi intellettuali, ai ghiribizzi mentali, scappatoie giuridiche, appigli astratti, trovate dell’ultimo minuto, scuse, giustificazioni, stratagemmi, sotterfugi, espedienti, accorgimenti per negare ciò che è dovuto?
Davvero vi sentireste orgogliosi di vincere, di vedermi in mezzo ad una strada sapendo che ho ragione, che non mi avete pagato quelle strade? Quello che fate è moralmente inaccettabile!”
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“L’altro giorno – spiega l’imprenditore – il Tribunale di Campobasso ha EMESSO in favore mio e di tutte le ditte familiari a me collegate, UN SECONDO DECRETO INGIUNTIVO CONTRO LA REGIONE MOLISE PER 8 MILIONI DI EURO. Grazie al Cielo c’è una Giustizia lassu’….Bypassando i “cavilli” messi in campo dall’avv. Pelusi e dell’avv. Fimmanò, professionisti che i molisani pagano a caro prezzo, il giudici ci ha dato ragione, ancora una volta. Ma intanto proseguono le vendite all’asta di tutti i nostri beni e per fortuna che ci sono persone che hanno dei valori, che ragionano col cuore, che non fanno gli avvoltoi lucrando sulle disgrazie altrui. I molisani ancora una volta hanno dimostrato di vivere secondo ideali altissimi. Al Tribunale di Campobasso, ai Sigg. Giudici, al Presidente del Tribunale, chiedo di mettere da parte la burocrazia e di mettersi una mano sul cuore”.
“Da una parte avanzo 8 milioni di euro – l’invocazione dell’anziano molisano – dall’altra fate sì che mi vendano tutto…Però il giudice delle Vendite non può parlare con quello Fallimentare e insieme non possono parlare con quello Civile. I loro uffici sono tutti ad un tiro di schioppo, piani, stanze differenti, ma ognuno segue la sua strada, come se ognuno stesse su un diverso pianeta di galassie lontane. Che sistema è questo, scusate? Un sistema di Pulcinella, che violenta il buon senso e permette che un imprenditore finisca sul lastrico. Gli avvocati mi dicono che non posso far saltare in aria le mie strade. Perché no? E’ forse giusto che con una mano mi porgono 8 milioni di euro e con l’altra mano mi denudano e mi umiliano?”
ANTONIO CAPPUSSI – classe 1922
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