“Le Marocchinate, cronache di uno stupro di massa”, il libro che fa parlare le carte

“Le Marocchinate, cronache di uno stupro di massa”, il libro che fa parlare le carte

4 Settembre 2018 0 Di redazione

LAZIO – I numeri sono freddi e sterili, brutti e crudeli, ma danno il senso vero delle cose e, parlando di tragedie, danno il senso del dolore. Ecco perchè é importante il lavoro fatto da Emiliano Ciotti “Le Marocchinate, cronache di uno stupro di massa” pubblicato in autopruduzione con YouCanPrint.

Non é il primo libro che tratta l’argomento ma è certamente quello che meglio spiega il prezzo pagato da grosse fette di popolazioni del centro sud Italia liberate, ma stuprate, derubate, rapinate e assassinate dalle truppe di liberazione francese. Pochi giri di parole, forse neanche uno, la vicenda è ricostruita dalle informative dell’epoca dei comandi stazione dei carabinieri e delle questure alle loro scale gerarchiche. “Giugno 1944, Legione Territoriale dei Carabinieri Reali del Lazio – Gruppo Littoria. Il primo corrente tale ‘Cristina Rossi’ residente a Priverno di anni 20 alle ore 9 veniva aggredita da due uomini militari marocchini ed in seguito a minacce di morte con pistole spianate riuscivano a violentarla”.
Oppure…”Il giorno 29 maggio u.s. ‘Cosima’ di anni 22 da Lenola subiva violenza carnale da parte di cinque soldati di colore (senegalesi) e veniva rapinata della somma di L. 21000, due anelli d’oro, due paia di orecchinie di una catenina, dopo essere stata fortemente percossa”.
Ma non solo donne, anche giovani e talvolta anziani venivano brutalizzati oltre a don Alberto Terilli parroco di Esperia violentato per una notte intera come punizione per aver tentato invano di nascondere delle donne in canonica, morendo dopo alcuni giorni.
Una lunga sequenza di denunce, rapporti medici, sollecitazioni da parte di inermi forze di polizia al Governo italiano ad intervenire presso i comandi Alleati.
Chi si ribellava veniva ucciso. Le popolazioni che avevano aspettato gli Alleati per liberarsi dal giogo dei tedeschi che rastrellavano animali per sfamare i soldati, si sono ritrovati vittime di bestie che stupravano e uccidevano chi si ribellava, forti della loro autorità che avevano acquisito come forze di occupazione. Barbarie commesse non solo nelle famose 50 ore di libertà concesse loro dai vertici francesi come premio sulle popolazioni dopo lo sfondamento della linea Gustav ad Esperia, ma anche durante le continue scorribande che compivano durante il lungo periodo di permanenza nel territorio occupato. Con la scusa di cercare tedeschi o armi, soldati marocchini, algerini, senegalesi, entravano nella case in gruppo per rapinare, derubare e dopo aver legato gli uomini si accanivano in gruppo contro le donne, spesso uccidendo chi si ribellava. Tra una pagina e l’altra ti chiedi perché la gente non si organizzava per difendersi a vicenda. Poi arriva la spiegazione con un’altra informativa.
“Legione territoriale dei Carabinieri reali del Lazio – tenenza di Terracina. Ore 0,30 circa del 17 giugno, località Valdolente, di Priverno (Littoria) due francesi penetravano a viva forza in varie case campestri in cerca di donne. Gli stessi cercarono di forzare anche la porta dell’abitazione di tale Adalgiso da Roccasecca di anni 41 allo scopo di violentare la moglie e la figlia nubile; prima che l’uscio cedesse, Adalgiso faceva partire un colpo di fucile che dopo aver perforato il legno colpiva in pieno i due soldati dei quali uno decedeva e l’altro rimaneva ferito. Nella mattina dello stesso giorno verso le ore 9, proveniente dalla località Buccino, di Prossedi, giunsero in luogo numerosi soldati per fare azioni di rappresaglia: infatti tra il panico degli abitanti locali i soldati hanno scorrazzato fino alle 23 del medesimo giorno, saccheggiando varie abitazioni ed asportato alcuni capi di bestiame, provocando reazione armata da parte della popolazione. Sono stati scambiati numerosi colpi di arma da fuoco, veniva ferito all’emitorace destro è fianco sinistro con lesioni dei reni il padre dell’Adalgiso a nome Mario di anni 74 ricoverato all’ospedale di Priverno con prognosi riservata. A tarda sera del 18 corrente sono arrivati in loco circa 50 soldati francesi che hanno proceduto alla sistematica distruzione delle abitazioni esistenti in contrada: circa 20 capanne sono rimaste distrutte e con esso tutto il contenuto, nonchè due mucchi di covoni di grano per un peso complessivo di 16 quintali. Si fa riserva di comunicare ulteriori notizie”. Anche questo sono stati i liberatori spesso celebrati in patria, la loro, come eroi mentre le nostre vittime non sono ricordate neanche nella toponomastica a differenza delle vittime dei tedeschi che giustamente, sacrosantamente, vengono ricordati con piazze e strade; come se morire uccisi mentre tenti di difendere tua figlia dallo stupro, o uccisa dalla violenza di decine di bestie, sia meno doloroso che morire altrettanto barbaramente fucilati. Da persone adulte, cresciute ascoltando i racconti dei nonni su sofferenze, fame, freddo, pidocchi e paura per l’arrivo dei marocchini, ricordiamo ancora il disgusto provato quando da giovani ascoltavamo la barzelletta raccontata più volte da un ex parlamentare di Cassino: “C’era una donna che veniva a chiedermi
sempre dei Marocchini, io le assicuravo che non sarebbero più tornati e lei mi rispondeva: peccato” con grasse risate facendo alludere che alla donna le era piaciuto incontrarli.
Leggetelo questo libro (lo si compra anche su Amazon) senza partigianeria politica ma per avere la certezza di sapere cosa è accaduto, non solo in provincia di Frosinone e Latina, ma anche in Sicilia, Puglia, Campania e Toscana durante la marcia di liberazione. Serve anche a capire che in guerra nessuno é bravo, neanche i vincitori.
Ermanno Amedei