In Russia per riportare a casa i soldati italiani dispersi, Parravano partecipa al recupero di 12 salme

In Russia per riportare a casa i soldati italiani dispersi, Parravano partecipa al recupero di 12 salme

12 Novembre 2018 0 Di redazione

CASSINO – E’ a Kirov alla ricerca dei corpi di quei soldati italiani fatti prigionieri dai russi durante la seconda Guerra Mondiale e dati per dispersi. Damiano Parravano, 42 anni di Cassino, è il presidente dell’associazione Linea Gustav che insieme ai volontari di altre associazioni quali l’associazione Gotica Toscana e l’associazione Museo di Follonica, tutti riuniti sotto la sigla del NAPV (North Apennines Po Valley Park), da due anni è impegnato nelle operazioni di ricerca, verifica e scavo di quelle che sono vere e proprie fosse comuni in cui, da 75 anni, sono seppellite le salme dei giovani mandati lì a fare la guerra.

Siamo nel 1943 quando durante la Campagna di Russia le truppe italiane affiancavano quelle dell’Asse nell’invasione dell’Unione Sovietica. Sul fiume Don si arrestò l’avanzata e gli scontri che ne seguirono videro migliaia di soldati tedeschi, italiani, ungheresi e di altre nazioni dell’Asse, fatti prigionieri e portati nelle retrovie. Da lì, caricati sulla Transiberiana, il treno che collega Mosca a Pechino, e trasportati nei campi di prigionia in Siberia. Quando il treno si fermava, i soldati russi recuperavano dai vagoni i soldati morti uccisi da malattie o dal freddo, e li gettavano in fosse comuni scavate in prossimità della linea ferroviaria. E’ su quelle fosse gli aderenti al progetto “Le Fosse di Kirov” stanno lavorando e tra loro Parravano.

“Non ci sono sepolture singole, quindi lo scavo che facciamo ha un approccio stratigrafico cercando di documentare nel dettaglio ciò che facciamo”. Dichiara Parravano. “I corpi sono ammassati, quindi l’accortezza serve ad evitare che oggetti che servono per dare un nome alla salma, come ad esempio il piastrino, possa scivolare fino al corpo sottostante e in questo ci siamo imbattuti in un mistero: pochissimi militari italiani, a differenza dei soldati di altre nazionalità, avevano il piastrino di riconoscimento. Per stabilire la loro nazionalità ci siamo dovuti affidare a ciò che restava delle divise o in larga parte dei bottoni”. Tre le fosse scavate in ognuna delle quali c’erano non meno di 500 corpi. Ben 1600 quelli recuperati in larga parte tedeschi e ungheresi. Gli italiani sarebbero circa 12.

L’intera intervista a Parravano è sul settimanale Cronaca Vera (numero 2410) in edicola fino a domani.

Ermanno Amedei