Procura dei Minori del Lazio, giovani sempre più violenti a causa delle restrizioni da Covid

17 Aprile 2021 Off Di redazione

Lazio – Le restrizioni dovute al Covid, la libertà ad intermittenza, stanno condizionando i comportamenti dei ragazzi in maniera pesantemente negativa. E’ il convincimento, dati alla mano, Giuseppina Latella procuratore della Repubblica presso il Tribunale dei Minorenni di Roma che ha giurisdizione su tutto il territorio della Regione Lazio.

Il procuratore sostiene che il periodo di pandemia abbia “destabilizzato i ragazzi. Sotto il profilo psicologico – dice- hanno subito danni notevoli che non so quando recupereremo. Temo, non tanto l’infezione in se stessa, quanto gli aspetti futuri dei giovani che hanno vissuto questo periodo. Mi preoccupa il turbamento psicologico che questo lasso di tempo ha lasciato su di loro. Quando i 14enni di oggi avranno venti anni, mi domando, quali danni alla strutturazione psicologica, avrà causato loro il covid. Voglio capire – continua – se questi ragazzi che sono così arrabbiati oggi riusciranno a recuperare l’equilibrio nel corso degli anni”.

Latella parla di rabbia nei giovani perché fa riferimento ad un dato, quello relativo all’aumento, “negli spazi temporali tra una chiusura e l’altra, di reati” minorili “commessi con violenza. Nel momento delle riaperture” successive alle norme più stringenti per contrastare la pandemia “i ragazzi hanno dimostrato grosse difficoltà psicologiche a gestire la libertà ritrovata dopo mesi di privazioni di contatti sociali, di energia accumulata”. Questo perché, dice Latella “i ragazzini vivono di relazioni all’interno della scuola o degli ambienti che frequentano, siano esse piazze o luoghi di ritrovo. La mancanza momenti di convivialità o di vita in comune con gli altri ragazzi, ha influenzato negativamente la loro psiche. Il ritornare alla libertà improvvisamente suscita una sorta di reazione violenta”.

 

Il procuratore fa riferimento alle risse che si sono registrate tra giovanissimi nei momenti di riapertura, le più eclatanti, quelle a villa Borghese o in alcune fermate della metropolitana ma anche il terribile fatto, iniziato con una rissa tra giovanissimi in centro a Formia è culminata con l’omicidio di un 17enne ad opera di un coetaneo. “Sono tutti ragazzi che hanno vissuto male il periodo di chiusura; la mancanza della scuola, dei contatti con i loro compagni poi, quando tornano liberi, portano la loro rabbia. Non voglio giustificarli – dice Latella – e non faccio una sorta di giustificazione generalizzata per le condotte che stanno realizzando e che registriamo quotidianamente. Cerchiamo di scoprire la causa di tanti episodi di una violenza così eccessiva rispetto all’età dei ragazzi che – dice anche – si danno appuntamenti, non per stare insieme, ma per organizzare una sorta di aggressione di un gruppo contro l’altro gruppo. Abbiamo registrato questo bisogno esasperato di contatto che arriva fino alla violenza”.

Una violenza che non conosce diversità di genere dato che “non c’è – dice il procuratore dei minori – una diversificazione di sesso, per cui parliamo anche di ragazze che fanno parte di questo cambiamento della natura, ma in senso negativo”. Così come preoccupante è l’altra canalizzazione di questa rabbia che porta all’autolesionismo o peggio. “Molti ragazzi -continua Latella- sfogano la loro rabbia anche su sé stessi con episodi di autolesionismo gravi. Scaricano le difficoltà a gestire i sentimenti con gesti autolesivi frequenti. L’autolesionismo è un’attitudine più femminile; il gesto suicidario, più maschile che femminile”.

 

Un a violenza, verso gli altri e verso se stessi, si è estesa ad ogni ceto sociale. “Un tempo il fenomeno di giovani che si riunivano in gang per aggredire coetanei era legato a ragazzi che arrivavano da famiglie in situazioni economiche e culturali difficili. Non si può più affermare questo”. A far parte di quei gruppi “non sono più i ragazzi che provengono da classi meno abbienti. Adesso abbiamo anche ragazzi difficili che fanno parte di famiglie di ceti medio alti”.

A questo si aggiunge l’ormai uso smodato dei strumenti di telecomunicazione. “Non si deve commettere l’errore -dice il procuratore del tribunale minorile di Roma – di pensare che il contesto casalingo”, quando un figlio minore ha a disposizione uno strumento tecnologico “siano più sicuro della strada. Ai genitori dico sempre di tener conto della maturità di ogni ragazzino. A 10 anni non si è maturi come a 15 anni e il bambino è facile preda sui social; è un agnellino messo lì pronto per essere sbranato. Dare uno strumento tecnologico ad un ragazzino di 10 anni implica una responsabilità maggiore del genitore, ed una attività di controllo superiore rispetto ad un 15enne che ormai ha maturato una sua capacità di distinguere il bene dal male. L’idea che il proprio figlio sia in casa davanti ad un video non deve rassicurare. A casa, un ragazzino dotato di uno strumento tecnologico, senza controllo può commettere o subire reati gravi. Bisogna tenere d’occhio i cambiamenti d’umore dei propri figli, dato che è il primo segno che danno quando commettono un reato o lo subiscono”.

Ermanno Amedei