Danilo Salvucci espone i suoi ‘personali orizzonti narrativi’

1 Giugno 2010 0 Di Felice Pensabene

Danilo Salvucci esporrà le proprie opere presso la biblioteca comunale “Malatesta” ex Arcobaleno, dal 14 al 23 giugno 2010. Non è la prima mostra di pittura del “medico artista” di Cassino. Già nel giugno 2007 ha esposto le proprie tele ottenendo consenso popolare e critiche favorevoli da esperti locali e non solo. Ma Danilo Salvucci è conosciuto anche fuori dalla nostra città e regione. A Modena nell’aprile 2009 ha esposto i suoi lavori presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ Università degli Studi di Modena, a Viareggio nel settembre 2009 presso la sala Puccini del Centro Congressi Principe di Piemonte nell’ambito del Festival della Salute, a Cascina-Pisa nell’ottobre 2009. Di lui ha scritto recentemente Rocco Zani: “Ci sono artisti per i quali il pronunciamento pittorico è una sorta di straripamento della scrittura comune, come se questa vestisse accenti inusuali e delineasse il racconto per timbri altri, per ritmi affabulatori o mediati, per fissità disarmanti o per strofe appena delineate. Dinanzi ai dipinti di Danilo Salvucci questa considerazione sembra occupare ogni altro possibile bilancio. Direi proprio che la scrittura originaria  quella che ci accomuna per intendimenti e simboli viva di una sostanza parallela in cui il segno è dettato-rimosso-tessuto da un più intimo indagare. Come se la trascrizione del racconto interrompesse il suo alveo abituale e dalla parola  o dal carattere  prendesse forma una nuova geografia del linguaggio. Gli strumenti inequivocabili di questo  le vocali, le consonanti, i periodi  vivono nella pittura di Salvucci una continua metamorfosi, un’ inesauribile mobilità di segni e contenuti, un disarmante trasformismo che è, comunque, regola organica e discreta di ogni presumibile tessitura narrativa. In breve, quella di Salvucci pittore, è una vera e propria scelta di campo capace di fornire a lui un autonomo modello di rappresentazione in cui lo sguardo retinico pare aprirsi a nuovi precetti, a sconosciute profondità, a immaginifici orientamenti”. Ma non basta, perché Renato Barilli ebbe a definirlo, a proposito dell’opera di Arshile Gorky “Un utilissimo patrimonio linguistico che ben si presta a esser flesso, declinato. Definiti i parametri dell’inedita sintassi, Salvucci si muove all’interno di un coerente refrain narrativo fatto di personali orizzonti ovvero di un percorso stratificato che si snoda lungo le tracce di una meticolosa e determinata osservazione: del tempo presente, naturalmente, comunque inteso quale intonazione di trascorse stesure. Ecco allora che ogni immagine colma di sottili segmenti dialettici costruita come stazione di sosta o approdo di una necessario sopralluogo, è in verità una più intima riflessione sullo stato delle cose, sulla fragilità della memoria, sulla indefinibilità di ogni presunta certezza, sul dubbio che ci è familiarmente vicino. Pare evidente che i dipinti di Danilo Salvucci custodiscano entrambe le prerogative, di forma e di contenuto. Ma l’arte  o meglio il suo respiro quello che Giuseppe Bonaviri ebbe a definire quel curioso Iddio che preme alla porta del cuore e detta immagini, arsure di mente e senso ambiguo dell’esistere viola ogni ben chiaro e attendibile convincimento; mina le fondamenta veritiere del calcolo e si alimenta di umori appena percettibili, di ipotesi devianti, di creature fuoricampo. E’ allora che la pittura di Salvucci sembra liberarsi di orpelli e profili rassicuranti, di vincoli, finanche di faziosità. E non è l’irriverenza o l’ironia  – soltanto essa – ad alterare le regole di un comune (e attendibile) controllo dell’immagine. Non è il gioco  soltanto esso  a ridefinire gli equilibri o le sfide della luce. E’ il desiderio di vedere oltre la cortina, di ascoltare gli spasmi del vento; di affidare alle pezzature del rosso le inedite sembianze del cielo e alle case sbilenche mille lampi di cobalto e biacca; alla terra nuovi fremiti di vermiglio. C’è, in questa pittura di bagliori, una visione metamorfica del reale che se da un lato potrebbe apparire una sorta di bambinesco contenzioso è, in verità, l’ulteriore tentativo di offrire agli altri la propria riflessione. Non è forse questa la straordinaria generosità dell’artista?”. Ancora una volta Danilo Salvucci riuscirà a stupire, con la sua arte, critici, estimatori, ma soprattutto i tanti cittadini che affolleranno la sala mostre della biblioteca ‘P.Malatesta’.