“Cassino 1944”: tra ripudio della guerra e celebrazione della “vis dei giusti”

21 Maggio 2012 1 Di redazione

Il percorso della corona commemorativa, affidata alle acque del Rapido, che si fa spazio tra i petali rossi, rosa e violacei, seguendo i rintocchi della campana della pace rimane la più suggestiva delle immagini che gli abitanti di Cassino hanno saputo creare per interpretare la guerra.

E’ con questa immagine che si è conclusa, ieri a Sant’Angelo in Theodice, “Cassino 1944”, la tre giorni voluta da Comune, Provincia e Regione, in occasione del 68° anniversario della Battaglia di Cassino. La villa comunale trasformata in museo all’aria aperta, la biblioteca utilizzata come spazio espositivo e alcuni luoghi simbolo del martirio come teatri per le cerimonie a cui hanno partecipato veterani, picchetti d’onore, associazioni combattentistiche e rappresentanze delle nazioni coinvolte durante il conflitto.

Il tempo ha posto così tanti strati tra i fatti e la loro percezione che i discorsi di chi interviene si assomigliano un po’ tutti e si richiamano con forza immagini così consolidate che ormai perdono la loro forza espressiva. Le “acque del Rapido insanguinate” esprimono un’atrocità tale che il solo menzionarle dovrebbe causare un moto nel pubblico presente, ma la routine della cerimonia non riesce davvero a far breccia nei presenti, salvo in coloro che sono direttamente coinvolti.

Mentre a Caira, il giorno prima, un arzillo vecchietto, veterano classe 1921, si era alzato infastidito per dare voce, tra le fila del pubblico, al suo dissenso con un “bla, bla, bla, bla” dall’accento tedesco. Raccontando poi di essere stato in molti posti dell’Italia e perfino in Russia, sempre a combattere, mostrando fiero la divisione di appartenenza. Dava l’idea di essere un uomo d’azione e sembrava non gradire per nulla la retorica.

Il “lait motiv” dei discorsi che si sono tenuti a Caira e a Sant’Angelo è che nelle nostre terre tanti hanno dato la vita per un futuro migliore. Non si punta il dito contro la guerra in sé, respingendo con forza essa e tutti gli apparati militari che la rendono possibile, ora come allora e in ogni dove, ma si fa leva sull’eroismo dei “ragazzi”. Passando in rassegna alcune tombe, a Caira, è l’età dei caduti che colpisce chi vuole capire. Ragazzi di venti, trent’anni. Vite spezzate dalla ricerca di un “bene supremo”. Eroi o ruote dentate di un ingranaggio più grande?

D’altra parte un evento come “Cassino 1944” mette insieme aspetti e intenzioni diverse. E’ ad esempio nella biblioteca comunale che la mostra “Legato”, che rimarrà aperta fino al 30 maggio, pone l’accento, tramite lo stile dei diversi artisti coinvolti, sul carattere crudo e angosciante della guerra.

Tornando invece alla villa comunale c’è chi vive la mostra dei mezzi dell’epoca con l’entusiasmo del collezionista, con l’occhio dello storico, con la curiosità del bambino. E non manca chi non ci sta ad andarsene senza una foto ricordo.

Le tende dei militari sono tanti piccoli, grandi espositori al cui interno si trovano strumenti ed utensili della vita comune “dell’uomo in guerra” e le macchine di morte. Il “2° Raduno dei mezzi storici” è occasione per un salto indietro nella storia. Genitori e bambini gironzolano tra jeep, camioncini e veicoli “blindati”, per la tecnologia dell’epoca, di tutte le specie. Macchine che le nuove generazioni conoscono bene dai videogiochi di guerra che ne danno riproduzioni di livello.

Sembrano grossi cassoni con le ruote, sono essenziali e, specialmente i veicoli destinati al trasporto in massa dei soldati, sembrano non avere nessun comfort. Mentre le jeep, ad esempio, hanno dei sedili più comodi. Non mancano motociclette e sidecar a cui la nutrita filmografia di genere ci ha abituato.

“Cassino 1944” ha messo insieme cerimonie, ormai consolidate, come quella di Sant’Angelo, e nuove manifestazioni che, in linea con quello che viene definito “turismo di guerra”, ha sicuramente creato un’offerta culturale che si rivolge al più vasto pubblico, così come ai cittadini del cassinate. Che si tratti di manifestazioni del ricordo, volte a ripudiare la guerra, o di celebrazioni virili della “vis dei giusti” è l’elemento borderline ormai endemico di questo genere di manifestazioni.
Sergio Procacci
Foto Alberto Ceccon