Gli scavi archeologici di Cassino scoprono… l’acqua. Pistilli: “Valorizziamo questo bene preziosissimo”

1 Aprile 2014 1 Di redazione

Da Emilio Pistilli riceviamo e pubblichiamo.
A proposito dello scavo archeologico presso la chiesa madre
Se qualcuno si attendeva chissà quali sorprese dagli scavi che si vanno effettuando nel sito della distrutta chiesa di S. Maria delle 5 torri, comunemente detta del Riparo, sarà rimasto deluso. E non poteva essere diversamente. Infatti il ritrovamento del piano pavimentale dell’anteguerra non ha regalato granché di importante o che non fosse già noto. I rilievi effettuati dal monaco benedettino ing. Angelo Pantoni, dapprima tra le macerie del 1945 e poi in un sondaggio del 1975, con ampia documentazione grafica e fotografica, già ci avevano fornito interessanti elementi per la conoscenza della struttura di quella che era rimasta la più antica chiesa del medioevo cassinate. La nostra, infatti, secondo la testimonianza delle cronache cassinesi, fu costruita tra il 778 e il 797 dall’abate Teodemaro. Sul luogo a quel tempo esisteva solo la chiesetta dedicata a S. Benedetto, fatta erigere dall’abate Potone tra il 771 e 778; questa, però fu successivamente abbattuta dall’abate Gisulfo (tra il 797 e 817) per far posto alla basilica del Salvatore, che sarà poi la collegiata di S. Germano. Dunque la chiesa del Riparo rimase la più antica in assoluto e, nonostante le numerose peripezie era giunta fino ai nostri tempi: la guerra, poi, ne fece “giustizia”.
Le vicende architettoniche della chiesa – di cui ho ampiamente trattato nel mio libro “Il Riparo – La chiesa di S. Maria delle 5 Torri di Cassino, sec. VIII” del 2000 – hanno registrato una serie di successivi innalzamenti del pavimento interno, dovuti alla presenza di una grossa sorgente d’acqua che di volta in volta invadeva l’interno dell’edificio. Il pavimento originario dell’ottavo secolo, realizzato su un precedente innalzamento del piano di calpestio rispetto a quello di epoca romana (sempre per via del riemergere delle acque sorgive), è sepolto a svariati metri di profondità: si consideri che dopo la distruzione ad opera dei bombardamenti del 1944 il sito ha subito un ulteriore rialzamento di circa due metri con terreno di sbancamento.
Al di sotto del pavimento dell’anteguerra, appena esplorato dagli attuali scavi, vi sono almeno un altro paio di pavimenti, che non saranno certamente raggiunti dalle esplorazioni in corso sia per la presenza invadente dell’acqua della sorgente, sia per l’angustia dell’area di scavo che creerebbe seri problemi di sicurezza se si andasse in profondità.
Tuttavia il sondaggio odierno ha uno scopo precipuo, a quanto mi è dato sapere: ubicare e circoscrivere con precisione l’area interessata dallo scomparso sacro edificio.
Lo scavo ha riportato alla luce una gran quantità di massi lavorati di notevoli dimensioni appartenenti alle antiche costruzioni del luogo e rimescolati dall’interramento del dopoguerra.
In una mia breve visita al sito dell’intervento ho avuto modo di constatare che due grosse idrovore in azione non riuscivano ad abbassare il livello dell’acqua risorgente. Ho chiesto ad uno dei tecnici presenti se fosse loro intenzione ricoprire tutto di nuovo ed ho avuto risposta affermativa.
Allora siamo alle solite. Cassino forse è l’unica città al mondo che ha un patrimonio di acque sorgive tra le più copiose d’Europa, e i responsabili del territorio hanno un’unica preoccupazione: incanalarle per liberarsene immediatamente: vedi anche il parco pubblico o villa comunale più a valle. In qualsiasi altro luogo si sarebbe studiato il modo di valorizzarle per il godimento dei cittadini e per l’arricchimento turistico.
Mi permetto di fare un appello: conserviamo quel minuscolo bacino di acqua limpida e trasparente, proteggiamolo con argini in pietra, quelle stesse pietre che ora sono state accantonate, e restituiamolo alla fruizione dei cassinati, sia come ricordo tangibile e visibile di un passato che è testimoniato dal vicino cippo della “Memoria di pietra”, sia per il ristoro che quell’angolo potrebbe fornire nella calura estiva; lo stesso ristoro che senza dubbio dovette dare ai nostri antenati di 2000 anni fa, quando si diede addirittura valore sacro alla presenza di quelle acque.
Non sarebbe, inoltre, difficile raccordare l’invaso con una decorosa canalizzazione all’altro bacino sorgentifero presente all’altro lato della chiesa di S. Germano.
Se non siamo in grado noi cassinati di apprezzare e godere di ciò che l’ambiente ci fornisce con generosità come possiamo sperare che la città possa essere appetibile per un turista di passaggio?