Intercettazioni, Taviano: “Non serve scrivere altre regole, basterebbe far rispettare quelle che ci sono”

24 Maggio 2010 0 Di redazione

di Paolo Andrea Taviano
Si fa un gran parlare della riforma delle intercettazioni telefoniche attualmente in discussione in Parlamento, argomento che, come al solito, è stato svilito dal circuito mediatico dei suoi contenuti più importanti che coinvolgono interessi delicatissimi ed importantissimi quali da un lato le esigenze di tutela della collettività dalla commissione di reati, dall’altro le esigenze di tutela della riservatezza e della libertà di comunicazione e manifestazione del pensiero dei cittadini.
In primo luogo occorre ricordare che il ricorso a questo invasivo strumento investigativo è limitato dal codice Vassalli del 1989 a casi ben circostanziati di grave allarme sociale e può essere utilizzato solo in presenza di presupposti ben determinati quali, tra gli altri, la assoluta necessità dell’intercettazione per procedere oltre nelle indagini, presupposti soltanto in presenza dei quali è giustificato l’enorme sacrificio della privacy dei cittadini nella libertà di conversare telefonicamente senza il pericolo di essere ascoltati da qualcuno, libertà tutelata a livello costituzionale.
Inoltre non a caso il codice prevede che le intercettazioni siano effettuate per un periodo di tempo limitato e che, sia l’inizio delle intercettazioni che le eventuali proroghe, vengano autorizzate da un Giudice, quindi da un soggetto terzo rispetto alle parti quali sono il PM e l’indagato, previa valutazione della sussistenza dei presupposti di legge, sottraendole così alla discrezionalità della sola parte inquirente, sebbene portatrice di un pubblico interesse.
Si può quindi affermare che la struttura del codice Vassalli prevede un sistema particolarmente garantista per l’uso delle intercettazioni telefoniche, ed allora ci si chiede quale è la necessità di riformare il sistema ?
Credo che il vero problema delle intercettazioni non sia l’abuso di questo strumento investigativo, peraltro mai riscontrato in tanti anni di professione, ma l’uso distorto delle intercettazioni mediante la illecita pubblicazione sui giornali o sui media del contenuto delle conversazioni intercettate, coperte dal segreto investigativo, per fini di lotta politica o che comunque nulla hanno a che vedere con l’esercizio del diritto di cronaca giudiziaria, ben sapendo i cronisti di giudiziaria che gli atti delle indagini preliminari non possono essere pubblicati in quanto coperti da segreto.
Indubbiamente un importante vulnus al sistema della segretezza del contenuto delle intercettazioni è stato dato dalla ormai costante disapplicazione della norma che prevede che delle intercettazioni irrilevanti ai fini delle indagini, dopo ascolto in contraddittorio tra accusa e difesa, venga disposta la distruzione da parte del Giudice con conservazione e trascrizione delle sole conversazioni che le parti hanno ritenuto rilevanti per il processo.
Stante la non applicazione del suddetto procedimento, restano quindi indebitamente in giro registrazioni di conversazioni con veline o con storie di amanti o quant’altro solleciti la morbosa curiosità del gossip nostrano, politico e non, del tutto ininfluenti nei processi, che inevitabilmente finiscono per filtrare dalle larghe maglie della riservatezza degli uffici giudiziari e di polizia, degli studi dei difensori, degli indagati, per giungere alla stampa e prestarsi, quindi, all’uso da parte di chiunque voglia utilizzare quei contenuti, illecitamente perché coperti da segreto, a servizio degli interessi più diversi che esulano completamente dall’interesse alla giustizia soltanto in ossequio del quale era stato inizialmente sacrificato il diritto costituzionale alla riservatezza dei cittadini.
A questo punto il danno è prodotto e per porvi rimedio inizia lo zibaldone politico delle proposte di riforma che se forse, il condizionale è d’obbligo, tuteleranno maggiormente qualche improvvido potente dalla indebita pubblicazione delle sue conversazioni intime, certamente tuteleranno, ci auguriamo involontariamente, la criminalità riducendo l’uso di uno strumento investigativo che se usato secondo quello che già la legge prevedeva, avrebbe potuto ancora fornire importanti spunti per un efficace tutela della collettività da una delinquenza sempre più spietata e tecnologicamente avanzata nonchè economicamente potente.
Paolo Andrea Taviano
Magistrato