Distruzione di Montecassino: infamia e ignominia eterne
2 Aprile 2019Sono da poco terminate le commemorazioni annuali del tragico evento della distruzione di Montecassino avvenuta nel corso dell’ultimo conflitto mondiale.
Illustriamo una rara pagina de IL MESSAGGERO che il giorno dopo, il 16 febbraio 1944, fornisce la cronaca dell’infausto episodio: ”Gangsters americani” titola il giornale gli autori di tale inaudita violenza.
E’ vero che ogni anno migliaia di visitatori e di pellegrini scalano le balze del monastero per assaporare e gustare quel qualcosa che la cultura e l’arte occidentali mantengono e conservano ancora vivo e attuale: quell’atmosfera che si respira tutt’intorno, la medesima da quasi quindici secoli: operosità, disciplina, pace e poi bellezza e armonia delle strutture, preghiera e raccoglimento e ordine. Stiamo parlando di Montecassino e della sua distruzione il 15 febbraio 1944 alle ore 9,45, l’ora terza canonica, quando gli aerei alleati iniziano il bombardamento, in tre ondate: apocalisse, pari a quanto compiuto a Dresda, a Lipsia, a Colonia, anche esse impagabili luoghi di cultura e di arte…alle 15,00 circa tutto è finito, furono, dicono i resoconti, oltre settecentocinquanta cosiddette ‘fortezze volanti’: la città di Cassino ridotta in polvere e l’Abbazia completamente annientata, secoli di storia sedimentata e accumulata, semplicemente cancellati, strappati dal libro della vita, in poche ore. Va ricordato, per quanto riguarda in particolare l’annientamento dell’Abbazia, che essa fu voluta e imposta e propugnata dal generale che comandava le truppe neozelandesi e da quello delle truppe inglesi: tale opera distruttiva come ben si sa, si dimostrò inutile, immotivata, ingiustificata, solo disastrosa e irreversibile per gli effetti e le conseguenze. Le spese gigantesche della ricostruzione dell’Abbazia furono sostenute come si sa solamente dal popolo italiano; giusto e anche doveroso sarebbe se però queste due Nazioni, Regno Unito e Nuova Zelanda in particolare, che erroneamente ne vollero caparbiamente e ottennero, l’annientamento, intervenissero finanziariamente quanto meno per la decorazione delle volte e delle cappelle della basilica, oggi in massima parte ancora vuote e in bianco. In effetti prima della distruzione la basilica era in ogni suo angolo un florilegio della pittura napoletana del 1600 e del 1700 con opere di Luca Giordano, Francesco de Mura, Paolo de Matteis, Francesco Solimena, Sebastiano Conca, Andrea Vaccaro, il Cavalier d’Arpino e tanti altri, di parte delle quali resta documentato il significato e la importanza grazie ai bozzetti conservati ed esposti nel Museo abaziale. Ragioni diplomatiche o di convenienza o di opportunità o altre ancora hanno ottenuto che fino ad oggi mai sia giunta almeno la eco di una giusta richiesta di riparazione alle potenze distruttrici da parte di una qualche istituzione almeno locale: auspichiamo che il nuovo sindaco uscente dalle incombenti elezioni si faccia attivo promotore di siffatta iniziativa risarcitoria e lo stesso le autorità benedettine e vaticane nonché le associazioni laiche.
Michele Santulli
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