Tra magia e credenze popolari si festeggia la notte più breve

18 Giugno 2009 0 Di redazione

Il 23 Giugno a partire dalle ore 21,00 si svolgerà a Collepardo nel piazzale delle Grotte dei Bambocci, la festa di San Giovanni. Ad organizzarla sono l’associazione Hortus Hernicus, l’associazione culturale Gattopardo, la pro loco e il comune di Collepardo, l’associazione Made in Ciociaria, il consorzio Grotte di Pastena. Nella festa convergono i riti celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di messi e di fiori tali riti permangono nelle zone rurali e si mantengono vivi in maniera più semplice, propri della società contadina e pastorale.
Tutte le legende si basano sull’evento astronomico: il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull’orizzonte; insomma noi crediamo che cominci l’estate, ma in realtà, da quel momento in poi, il sole comincia a calare, per dissolversi, al fine della sua corsa verso il basso, nelle brume invernali. Sarà all’altro solstizio, quello invernale, che raggiunta la più lunga delle notti, comincerà a decrescere per lasciar posto all’estate. E’ così che avviene da millenni la corsa delle stagioni. Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve di tutto l’anno, in tutte le campagne della Ciociaria, l’attesa del sorgere del sole era propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga, le tenebre, gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi: le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell’aria scura promesse d’amore e di fortuna, il male si dissolveva sconfitto. Nella veglia tra la notte e l’alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene gli occhi al ritorno della luce, era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa. La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l’austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia. Il rito della benedizione dei “Fiori di San Giovanni”, erbe benefiche e medicine medioevali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali domestici era assai diffuso; nei piccoli centri rurali era richiesta la “preghiera magica” quella che proteggeva dai mali i raccolti. Dunque i “Fiori di San Giovanni”: l’Artemisia, la Ginestra, il Noce, la Verbena (la credenza è che colta a mezza notte della vigilia di San Giovanni, costituisca un’infallibile protezione contro i fulmini, ed è conosciuta in Gran Bretagna come “erba della croce” perché si ritiene protegga chi la porta con sé da qualsiasi male ed anche come “erba della doppia vista” perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste), l’Achillea, il Sambuco, la Melissa, il Meliloto e l’Iperico (facilmente rintracciabile, legato nella memoria al solstizio d’estate. L’Iperico è detto anche erba di San Giovanni perché anticamente chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del convegno annuale, se ne proteggeva infilandoselo sotto la camicia insieme con le altre erbe, all’Aglio, all’Artemisia, alla Ruta. I petali strofinati sotto le dita, le macchiano di rosso perché contengono un succo detto per il suo colore “sangue di San Giovanni”, forse per il fatto che l’Iperico è un fiore che si accontenta di poco per sopravvivere anche nei climi desertici, come fece un tempo Giovanni il Battista.