Bolzano terra di pappagalli, il veterinario: “nidificano in città e prendono spazio alle specie autoctone”

Bolzano terra di pappagalli, il veterinario: “nidificano in città e prendono spazio alle specie autoctone”

8 Agosto 2025 0 Di redazione

Bolzano – Colorati, allegri, ma anche un rischio per le specie autoctone. Sono i pappagalli che, a Bolzano, hanno impiantato colonie numerosissime e nidificano nel parco del Talvera ma anche in altre zone della città.
In via Genova o in via Milano si vedono, soprattutto d’estate, appollaiati sugli alberi mentre garriscono tra loro come se conversassero. “La specie chiaramente non è autoctona” spiega Federica Ardizzone, medico veterinario ed esperta in medicina aviare della clinica veterinaria SudTirol Exotica Vets, diretta da Vincenzo Mulè. “Quelli che vivono a Bolzano sono parrocchetti dal collare, ed è un errore pensare che vivano in foreste con clima particolarmente caldo. Il parrocchetto è una specie che vive principalmente in Asia, in gran numero tra India e Nepal, e si adatta alle città o su altipiani con un clima non caldissimo”: l’identikit, praticamente, di Bolzano.

Come siano arrivati in Alto Adige resta un mistero, con qualche leggenda metropolitana secondo la quale, a causa della psicosi che si creò alcuni decenni fa per l’influenza aviaria, la gente cominciò a liberare i volatili che aveva in casa. Le specie meno resistenti morirono ai primi freddi o per fame, mentre i parrocchetti hanno trovato l’habitat adatto e hanno proliferato.
“Non so se sia vero o meno – sostiene l’esperta veterinaria – credo che siano arrivati, però, dal Veneto, dove da tempo ce ne sono tantissimi, anche perché è una specie che ha una certa autonomia di volo, anche di decine di chilometri al giorno. La diffusione, poi, è spiegata dall’alta capacità riproduttiva: due covate l’anno e fino a cinque uova. A facilitarne la diffusione è anche la longevità”. Un parrocchetto, infatti, arriva “a vivere anche più di 30 anni”, quando l’età media dei volatili in genere si aggira intorno ai 4 anni.
“Qui, in via Genova, li vedo spesso sugli alberi mentre mangiano cachi quando il frutto è maturo” dice un residente. Ed infatti anche la versatilità alimentare è un loro punto di forza. “Si cibano di semi in genere, ma anche di frutta e, all’occorrenza, di insetti. Questo rende la loro presenza invasiva a discapito di specie autoctone che in città stanno scomparendo” dice Ardizzone.
“Picchi e passeriformi se ne vedono sempre meno, perché la presenza dei pappagalli ha ristretto la loro ‘nicchia ecologica’, togliendo loro le cavità negli alberi utili per i nidi ed anche per via della competizione nel reperire cibo”.
Non uno scontro fisico tra specie, quindi, ma una sorta di lotta per la casa e per il cibo che vede gli autoctoni lasciare il passo. Tra l’altro, le brutte notizie per passeri e picchi non sono finite: “È facile ipotizzare l’arrivo a breve anche del pappagallo parrocchetto monaco, originario del Sud America. A Bolzano ancora non è stato visto, ma in Veneto ce ne sono tanti”.

Ermanno Amedei


Bozen, ein Land der Papageien, sagt der Tierarzt: “Sie nisten in der Stadt und verdrängen einheimische Arten“

Bunt, fröhlich – aber auch eine Gefahr für heimische Arten. Die Rede ist von den Papageien, die sich in Bozen mittlerweile in großer Zahl angesiedelt haben. Sie nisten nicht nur im Talferpark, sondern auch in anderen Teilen der Stadt.

In der Genova- oder Mailandstraße sieht man sie vor allem im Sommer in den Bäumen hocken, laut miteinander schnatternd, als würden sie sich angeregt unterhalten. „Die Art ist natürlich nicht heimisch“, erklärt Federica Ardizzone, Tierärztin und Expertin für Vogelmedizin an der Klinik Südtirol Exotica Vets, die von Vincenzo Mulè geleitet wird. „In Bozen leben Halsbandsittiche – und es ist ein Irrtum zu glauben, dass sie nur in besonders warmen Wäldern vorkommen. Ursprünglich stammen sie vor allem aus Asien, in großer Zahl aus Indien und Nepal, und sie passen sich gut an Städte oder Hochplateaus mit eher gemäßigtem Klima an“ – also genau das Profil von Bozen.

Wie sie nach Südtirol gekommen sind, bleibt ein Rätsel. Eine städtische Legende besagt, dass während der Vogelgrippe-Panik vor einigen Jahrzehnten viele Menschen ihre Vögel freiließen. Weniger robuste Arten starben schnell an Kälte oder Hunger – die Halsbandsittiche hingegen fanden hier ideale Bedingungen und vermehrten sich.

„Ob das stimmt, weiß ich nicht“, so Ardizzone. „Ich vermute eher, dass sie aus Venetien zu uns geflogen sind – dort gibt es schon lange sehr viele. Diese Art kann problemlos mehrere Dutzend Kilometer am Tag zurücklegen. Die schnelle Ausbreitung liegt vor allem an der hohen Fortpflanzungsrate: zwei Bruten pro Jahr mit bis zu fünf Eiern. Dazu kommt ihre Langlebigkeit.“ Ein Halsbandsittich kann über 30 Jahre alt werden – im Vergleich zu einer durchschnittlichen Lebenserwartung von nur vier Jahren bei vielen anderen Vögeln.

„Hier in der Genova-Straße sehe ich sie oft in den Bäumen, wie sie reife Kakis fressen“, erzählt ein Anwohner. Ihre Vielseitigkeit bei der Nahrungssuche ist ein weiterer Vorteil: „Sie fressen hauptsächlich Samen, aber auch Früchte und bei Bedarf Insekten. Das macht sie zu invasiven Gästen, die heimische Arten verdrängen“, so Ardizzone.

Spechte und Singvögel werden immer seltener – ihre ökologische Nische schrumpft, weil die Papageien Baumhöhlen für ihre Nester besetzen und beim Futter konkurrieren. Ein direkter Kampf ist es nicht, eher ein stiller Wettbewerb um Wohnung und Essen – bei dem die Einheimischen oft das Nachsehen haben.

Und es könnte noch schlimmer kommen: „Es ist nur eine Frage der Zeit, bis auch der Mönchssittich aus Südamerika hier auftaucht. In Bozen wurde er bisher nicht gesichtet – in Venetien dagegen schon in großer Zahl.“

Ermanno Amedei

(Übersetzung mithilfe einer KI-Anwendung)