Imprenditore cassinate nel vortice della crisi, da proprietario di 13 camion e 500 pecore… alla baracca

6 Dicembre 2013 1 Di redazione

Da imprenditore a disadattato. Bruno Tomassi di Cassino incarna l’esempio più classico e, purtroppo, tutt’altro che unico, della vittima della crisi. Il 61enne vive oggi in una baracca costituita da quattro pali che sorreggono una copertura di lamiera mentre le pareti sono costituite da frigoriferi dismessi e tessuti. Il pavimento, uno strato di cartone e qualche tavola di legno, sollevare dalla nuda terra un branda con un materasso. Su un tavolo i farmaci che deve assumere per via dei due interventi subiti per asportare il cancro dal bacino. Eppure le cose, appena qualche anno fa, andavano diversamente. Dopo una parentesi lavorativa in Germania e in Canada negli anni ’70, torna in Italia con la moglie nel 1976. Dall’edilizia all’autotrasporto, Tomassi mette su un’azienda intestandola alla moglie, che conta 13 camion con cui effettua trasporti nazionali ed internazionali. Ma non solo, ha anche un gregge di pecore di 500 capi e decine di capre. Negli anni ottanta il top, poi con l’inizio degli anni ’90 comincia il declino, che diventa precipizio con la separazione. La famiglia della moglie, sostiene lui, gli toglie l’azienda mentre il gregge lo ha svenduto capo per capo dato, osteggiato dal vicinato e dal Comune gli aveva imposto prescrizioni impossibili da realizzare. Nel 2001 inizia a lavorare da esterno, per conto delle Poste. Con il suo mezzo raccoglie la posta dagli uffici postali e la porta alla sede centrale. Riesce così a tirare avanti ma nel 2006 comincia la malattia alla quale pone rimedio con due interventi. Nel frattempo il servizio postale viene affidato ad una azienda terziarizzata di cui diventa dipendente ma, nel 2012, quando gli stipendi cominciano a saltare e lui si ritrova a non poter pagare più l’affitto di casa. A settembre di quest’anno, invitato da i carabinieri, ha dovuto lasciare casa e trovare riparo in quella baracca che aveva cominciato a costruire su uno specchio di terra demaniale sotto il terrapieno sopra cui scorre la superstrada Cassino Sora. Niente energia elettrica o acqua corrente, il bagno è la natura e per lavarsi adopera il sistema irriguo della Bonifica. Beve ad una fontana pubblica, mangia alla Caritas ma solo quando riesce a raggiungere la sede a cinque chilometri.

“Quando non me la sento, perché ho dolore alle gambe, preferisco digiunare”. Non avendo soldi per l’assicurazione alla macchina, deve muoversi a piedi o al massimo in bicicletta e questo non è sempre congeniale con la sua situazione di salute. “Ho provato a chiedere una casa popolare – ha detto – ma mi è stato risposto che non ce ne sono libere e che c’è una graduatoria ma sicuramente c’è qualcuno che sta peggio di me”. Ad onor del vero gli è stato offerto un posto nella Casa della Carità, un centro di accoglienza per poveri, tra cui molti stranieri. Le tante scale, da fare, però e quello che lui dice affollamento, gli hanno fatto respingere l’offerta e, a quel punto, gli resta solo la baracca.
Foto Nardelli