Coronavirus: La vita al tempo del covid-19

Coronavirus: La vita al tempo del covid-19

7 Marzo 2020 0 Di redazione

In due settimane ha stravolto le vite di miliardi di persone costringendo a bruschi cambi di abitudini impensabili appena un mese fa. Il Coronavirus ha fatto capolino nelle esistenze di tutti soppiantandosi come importanza nelle ricerche di informazioni a possibili crisi di governo, ai problemi dei migranti, alle guerre di Libia e Siria. Il “lavamano” continuo e l’uso di disinfettanti; l’evitare di starnutire in faccia alla gente, come se prima fosse una cosa altrimenti accettabile; la ricerca spasmodica di mascherine e di quei due metri di spazio vitale per ridurre il rischio contagio sono diventati.

La famiglia al tempo del Coronavirus

La chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, ha dato alla gente la reale percezione di pericolo della malattia. Un provvedimento unico, mai adottato in Italia in questa misura così universale e per un arco di tempo così lungo. Le famiglie, oltre alla paura hanno dovuto fare i conti con la gestione quotidiana dei figli, e di trovare soluzioni alternative alla scuola, per intrattenerli ma anche per accudirli nelle ore in cui i genitori devono comunque lavorare. Solitamente i nonni sono risorse indispensabili in queste occasioni ma, in questo specifico caso, quello del coronavirus, sono anche, in quanto anziani, un rischio troppo altro a cui sottoporre. Il contatto con bambini che spesso sono veicolo a loro insaputa di malattie, il farli uscire dai loro ambienti sicuri, costituisce un rischio che non tutti vogliono correre. E’ quindi caccia a baby sitter e tate che sono diventate figure professionali ormai introvabili e costosissime.

La religione al tempo del Coronavirus

Le fedi religiose si dividono nelle scelte di continuare le attività o interromperle. I centri islamici hanno deciso di chiudere per evitare quegli assembramenti tanto temuti. Le chiese cattoliche no. Si interrompono gli incontri tra catechisti e bambini per cresime e comunioni, ma non le messe anche se con le necessarie precauzioni contenute in un vademecum “anticontagio”. Innanzitutto lo scambio del “segno di pace” sostituito, a seconda della fantasia del sacerdote; a Velletri padre Andrea della Parrocchia di San Giovanni ha scelto lo scambio “di un sorriso”. L’eucarestia poi viene affidata dalla mano del sacerdote, nella mano del fedele e non più direttamente in bocca. A questo è stata aggiunta la necessità di svuotare le acquasantiere e di evitare abbracci e baci a dimostrazione di cordoglio nei funerali o di augurio.