
Otto per mille e 5 per mille: cosa sono e differenze principali
20 Maggio 2025Attualità – In ogni dichiarazione dei redditi c’è una scelta che viene fatta in silenzio, ma che risulta importante per il tessuto sociale del Paese. Stiamo parlando di due percentuali d’imposta, apparentemente minime, in grado di orientare flussi di risorse pubbliche verso progetti culturali, assistenziali e religiosi.
Capire bene questa possibilità consente non sono di fare una scelta consapevole, ma anche di trasformare un noioso adempimento fiscale in un vero e proprio atto di partecipazione civica.
Vediamo quindi insieme cosa sono l’8 per mille e il 5 per mille, quali sono le principali differenze tra le due quote e a chi sono destinate.
8 per mille e 5 per mille: cosa sono e perché sono diversi
Nella dichiarazione dei redditi lo 0,8% e lo 0,5% dell’IRPEF possono avere un impatto tangibile: comprendere la differenza tra l’8 per mille e il 5 per mille è importante per sapere come sostenere in modo attivo progetti sociali, culturali o religiosi. Procediamo con ordine.
Prima di tutto è bene comprendere come le due opzioni non si annullino a vicenda, ma possono essere selezionate entrambe, senza alcuna spesa da parte del contribuente.
Il 5 per mille, introdotto nel 2006, consente di indirizzare lo 0,5% dell’IRPEF (che è già dovuta allo Stato) a enti del Terzo settore, ONLUS, istituti di ricerca, associazioni sportive dilettantistiche, Comuni per attività sociali e gestori di aree protette.
Per capire la portata e l’importanza di questa quota apparentemente bassa, basti pensare che nel 2023 sono stati destinati a quasi 81.000 organizzazioni oltre 520 milioni di euro, la dimostrazione più concreta (stiamo parlando di numeri reali) di come quote che a un primo impatto sembrano molto piccole, sommandosi possano invece finanziare terapie domiciliari, borse di studio, cure mediche, sostegni a strutture ospedaliere in zone di conflitti, progetti ambientali.
L’8 per mille, invece, è operativo dal 1990 e ripartisce lo 0,8% dell’IRPEF tra lo Stato e le confessioni religiose con accordo firmato. Nel 2023, il gettito ha superato 1,4 miliardi di euro, di cui la parte maggiore è andata alla Chiesa Cattolica, seguita da altre undici confessioni.
Lo Stato utilizza la propria quota per l’edilizia scolastica, le calamità naturali e progetti culturali, mentre le confessioni religiose destinano gli importi a culto e assistenza, pubblicando ogni anno rendicontazioni specifiche, in modo che tutto sia trasparente anche agli occhi di chi devolve.
Come esercitare la scelta nella dichiarazione dei redditi
Ogni contribuente ha la possibilità di esprimere le proprie preferenze all’interno della propria dichiarazione fiscale, che sia il Modello 730 o il Modello Redditi. In ciascun riquadro bisogna apporre la firma e, nel caso del 5 per mille, indicare il codice fiscale dell’ente prescelto (per l’8 per mille basta selezionare lo Stato o la confessione religiosa).
Anche chi non è tenuto a presentare la dichiarazione può comunque compilare la scheda unica allegata alla Certificazione Unica e consegnarla in busta chiusa presso un ufficio postale, una banca o un CAF. La scelta è sempre volontaria: se non viene indicato alcun destinatario, l’8 per mille viene ripartito in proporzione alle scelte espresse dagli altri contribuenti, mentre il 5 per mille rimane integralmente allo Stato.
8 per mille e 5 per mille: a cosa servono i soldi e come sapere dove vanno
Il 5 per mille sostiene realtà senza fini di lucro che, per legge, devono pubblicare un rendiconto entro dodici mesi dall’accredito, corredato da una relazione illustrativa. La tracciabilità spiega il successo dello strumento, perché permette di documentare i flussi finanziari che servono alle associazioni per offrire cure gratuite, o a sostenere fondazioni di ricerca oncologica, cooperative sociali e piccoli enti locali.
Per l’8 per mille la trasparenza segue logiche diverse. Le confessioni religiose pubblicano rapporti annuali suddividendo gli stanziamenti in culto, carità e progetti di cooperazione.
Lo Stato stila graduatorie di livello ministeriale che evidenziano interventi su beni culturali, edilizia scolastica, calamità naturali o lotta alla fame.
L’obbligo di rendicontazione è rafforzato da controlli incrociati della Corte dei conti e delle commissioni parlamentari, con la garanzia che la quota raggiunga le finalità stabilite.