Miele sui tetti a Bolzano, gli alveari anche sui terrazzi del centro storico
23 Agosto 2025Bolzano – A Bolzano i tetti grondano miele. La mancanza di spazi verdi spinge a ottimizzare ogni superficie disponibile ed ecco che i terrazzi dei palazzi del capoluogo altoatesino si trasformano in orti e, addirittura, ospitano alveari. Del resto, perché non dovrebbe essere così? Le api, per produrre miele, hanno bisogno di fiori che non mancano certo nei parchi, nelle aiuole o lungo l’Isarco e il Talvera. Le operose raccoglitrici di nettare non fanno fatica a salire di quota per qualche decina di metri.
Al quinto piano del Rainerum, la struttura dei Salesiani di Don Bosco, si trovano nove arnie, in ognuna delle quali “vivono e lavorano 30 o 40 mila api” racconta Don Daniele Ercoli, animatore pastorale che gestisce le attività con i ragazzi, tra cui il laboratorio del miele. A decine di metri di altezza dalla strada, sul terrazzo allestito a giardino — tanto rigoglioso che, se non fosse per la guglia del campanile della Chiesa dei Domenicani che gli svetta accanto, sembrerebbe un’appendice del parco del Talvera — migliaia di api indaffarate entrano ed escono dalle arnie.








Accanto, in grandi ceste di plastica riempite di terra, crescono meloni, pomodori, zucche e altri ortaggi. “Alleviamo api da circa 15 anni – spiega il sacerdote – ed è un vero laboratorio di apicoltura gestito dai nostri ragazzi. Loro smielano ed etichettano, imparano non solo a produrre miele, ma vengono sensibilizzati anche al rispetto dell’ambiente e al pericolo che corrono le api a causa dell’inquinamento e dell’uso dei pesticidi”.
Una piccola ma fiorente attività di apicoltura, realizzata anche in collaborazione con la scuola agraria di Vadena. La produzione varia da un massimo di 200 a un minimo di 80 chili di miele, come accaduto quest’anno. “Un’annata nera – spiega Don Daniele – forse per la primavera molto piovosa che abbiamo avuto. Le api, quando piove, non escono dall’arnia”.
Il miele “lo vendiamo durante le feste o le nostre attività e con il ricavato aiutiamo le famiglie che ci chiedono una mano per pagare le quote di partecipazione dei figli”. Si tratta di un miele millefiori, “dato che le api hanno un areale di un paio di chilometri. Quindi raccolgono il nettare dai castagni di Monte Virgolo, dalla tanta lavanda che trovano un po’ ovunque o, semplicemente, dai fiori piantati dal Comune in giro per la città. Il tarassaco del Talvera, quel fiore giallo che cresce spontaneamente, per loro è ottimo”.
Ermanno Amedei
Honig auf den Dächern in Bozen, Bienenstöcke auch auf den Terrassen der Altstadt
In Bozen tropfen die Dächer vor Honig. Weil Grünflächen rar sind, wird jede verfügbare Fläche optimal genutzt – und so verwandeln sich die Dachterrassen der Südtiroler Landeshauptstadt in Gärten und sogar in Bienenstände. Warum eigentlich nicht? Für die Honigproduktion brauchen Bienen Blumen, und die gibt es reichlich: in Parks, Blumenbeeten oder entlang von Eisack und Talfer. Für die fleißigen Nektarsammlerinnen ist es kein Problem, ein paar Dutzend Meter in die Höhe zu fliegen.
Im fünften Stock des Rainerums, einer Einrichtung der Salesianer Don Boscos, stehen gleich neun Bienenstöcke – in jedem davon „leben und arbeiten 30.000 bis 40.000 Bienen“, erzählt Don Daniele Ercoli. Er ist Seelsorger und betreut die Jugendarbeit – unter anderem das Honigprojekt. Hoch über der Straße, auf einer begrünten Dachterrasse, die so üppig ist, dass sie fast wie eine Verlängerung des Talferparks wirkt (wäre da nicht der Kirchturm der Dominikanerkirche nebenan), herrscht reger Flugverkehr: Tausende Bienen schwirren aus und ein. Daneben wachsen in großen Kunststoffkörben Melonen, Tomaten, Kürbisse und anderes Gemüse.
„Wir halten hier seit rund 15 Jahren Bienen“, erklärt der Priester. „Es ist eine richtige Imkerei, die von unseren Jugendlichen betreut wird. Sie schleudern und etikettieren den Honig, lernen nicht nur, wie man ihn herstellt, sondern auch, warum Umweltschutz wichtig ist – und welche Gefahren Bienen durch Pestizide und Umweltverschmutzung drohen.“
Ein kleines, aber florierendes Projekt – sogar in Zusammenarbeit mit der Landwirtschaftsschule in Pfatten. Die Jahresproduktion schwankt zwischen maximal 200 und minimal 80 Kilo Honig, so wie heuer. „Ein Katastrophenjahr“, meint Don Daniele. „Wahrscheinlich wegen des verregneten Frühlings. Bei Regen bleiben die Bienen im Stock.“
Verkauft wird der Honig bei Festen oder im Rahmen der Jugendarbeit. „Mit dem Erlös unterstützen wir Familien, die sich schwer tun, die Teilnahmebeiträge für ihre Kinder zu zahlen.“ Es handelt sich um einen typischen Blütenhonig, „weil die Bienen in einem Umkreis von etwa zwei Kilometern sammeln. Sie holen Nektar von den Kastanien am Virgl, von der vielen Lavendel in der Stadt oder einfach von den Blumenbeeten der Gemeinde. Und der Löwenzahn an der Talfer – dieser gelbe Wildblüher – ist für sie ein echter Leckerbissen.“
Ermanno Amedei
(Übersetzung mithilfe einer KI-Anwendung)



