Senza restauro le opere dello scultore ciociaro Amleto Cataldi

27 Novembre 2009 2 Di redazione

Nel Villaggio Olimpico a Roma, dislocati nei vari parchi e giardini, si possono ammirare quattro gruppi scultorei realizzati dallo scultore Amleto Cataldi negli anni venti del Novecento. Trattasi infatti di sculture in bronzo di proporzioni gigantesche raffiguranti quattro gruppi di due atleti ciascuno in procinto di esprimere le loro categorie sportive: giocatori di pallone, podisti, pugilatori, lottatori. Questi gruppi giganteschi hanno avuto una vicenda a dir poco molto sgradevole e triste.
Il celebre Arch. Marcello Piacentini nel 1927 ebbe l’incarico di ristrutturare il vecchio  “Stadio Nazionale”  risalente al 1911  nel quartiere Flaminio e  su quattro colonne, nella parte superiore della nuova facciata in pietra da lui realizzata, fece collocare questi eccezionali gruppi di atleti commissionati  ad Amleto Cataldi appositamente per tale collocazione e che nella realizzazione si avvalse della collaborazione anche del proprio geniale nipote detto Antonetto (1910-1939). Ricordiamo che Amleto Cataldi (1882-1930) è uno dei grandi scultori italiani del Novecento e che è un ciociaro originario di Roccasecca-Castrocielo  Il Duce stesso inaugurò lo stadio e, si racconta, molto ammirò le possenti sculture di bronzo che  brillavano maestose in alto nello stadio.
Nel 1957, in epoca democristiana dunque,  detto stadio divenuto nel frattempo troppo piccolo e che ora  si chamava  “Stadio Torino”  a ricordo della catastrofe di Superga del 1949,  fu abbattuto per far posto all’attuale stadio Flaminio e in questa circostanza l’impresa che esegui i lavori non fece che legare delle funi ai giganteschi gruppi del Cataldi e farli  precipitare  barbaramente al suolo  danneggiandoli pesantemente. Furono poi raccolti e abbandonati in differenti depositi comunali dove col tempo si trovarono  dimenticati e ricoperti da altri detriti e rifiuti. Fu solo grazie al lavoro investigativo di un attento e scrupoloso giornalista degli anni sessanta che abitava al Villaggio Olimpico che  a poco a poco e con impegno e perseveranza si riuscì a ritrovare i gruppi bronzei del Cataldi e a   ottenere che, dopo un pur se sommario restauro, fossero collocati nella attuale sede dove, su adeguati piedistalli, sono restati da allora, a dominare lo spazio circostante e ad attirare l’attenzione e l’ammirazione dei passanti. Da allora, però,  mai alcun ufficio competente  si è   preso cura del loro stato di salute che è stato sempre precario. Fortunatamente una figlia del giornalista summenzionato -al quale le istituzioni ciociare competenti dovrebbero dimostrare la propria riconoscenza- sulle orme  dell’interesse paterno, si è continuamente prodigata  in questi anni a stimolare chi di dovere all’intervento conservativo sugli eccezionali bronzi e la stampa nazionale non è stata indifferente ai suoi appelli  finché finalmente la Sovrintendenza competente di Roma ha dato prova di reattività costatando  la impellenza di un intervento di restauro. E infatti già da qualche mese il gruppo dei lottatori in Via Unione Sovietica mostra la sua nuova patina  grazie all’intervento conservativo e quindi una apparenza ancora più imponente all’occhio che osserva. Raccomandiamo caldamente ai ciociari di fare una passeggiata al Villaggio Olimpico ad  ammirare questi imponenti capolavori.
E’ auspicabile che l’opera di restauro iniziata prosegua quanto prima anche per gli altri tre gruppi e relativi piedistalli le cui condizioni non sono certamente brillanti: l’opera di sprone che possono esercitare le istituzioni ciociare interessate può avere un suo vantaggio. Rileviamo un aspetto però che deve lasciare anche ora particolarmente turbati noi ciociari e che cioè alla Sovrintendenza detti gruppi risultano anonimi cioè non sanno che furono realizzati da Amleto Cataldi  come le fonti documentarie non mancano di  provare oppure avranno loro ragioni per dubitare della paternità! Bizzarro anche il fatto che malgrado esplicite richieste in merito, nessuno dei funzionari interpellati ha mai affrontato l’argomento: quindi per la Sovrintendenza romana competente i giganteschi gruppi scultorei che da ottanta anni abbelliscono e dominano il paesaggio circostante romano sono senza nome, senza paternità! Auguriamo che le nostre nuove autorità provinciali competenti   vogliano far sentire la propria voce in merito con qualche concreto intervento.
Ricostruzione storica del prof. Michele Santulli