Una mensa dall’organico multietnico, alla Clab di Bolzano lavorano 40 dipendenti di 21 Paesi diversi
5 Giugno 2025Bolzano – Sono quaranta i dipendenti di 21 nazioni diverse, tra cui anche alcuni italiani. È un organico decisamente multietnico quello della cooperativa Mensa Clab di Bolzano, che raggruppa e fa lavorare gomito a gomito persone provenienti da ogni continente, con culture e abitudini diverse. Sono fattorini, lavapiatti, camerieri, addetti alle pulizie, ma anche cuochi, aiuto cuochi o baristi, quasi tutti arrivati in Italia come profughi e ora perfettamente integrati, con le loro famiglie, nel tessuto sociale bolzanino.
«Sono tutti regolarmente assunti con contratti collettivi dei pubblici esercizi. Tra loro anche qualche italiano che rientra nelle categorie svantaggiate (ex detenuti o disabili – ndr), ma in larghissima parte sono stranieri» dice Francesco Iurlaro (nella foto), presidente della Cooperativa Lavoratori Anziani Bolzano (Clab). Lui, legale tributarista, mantiene le redini della cooperativa nei ritagli di tempo che la sua professione gli concede. Ciò nonostante, è riuscito a traghettare la Clab attraverso un decennio di profondi cambiamenti, caratterizzati dall’emergenza migratoria e dal Covid, rimodulandola e adattandola senza perdere le finalità sociali della solidarietà.

«Abbiamo convenzioni con il Comune – dice – ma il nostro sostentamento è garantito grazie alle nostre attività imprenditoriali, nel senso che ci occupiamo del sociale cercando di non essere un peso per la pubblica amministrazione».
Oggi la cooperativa gestisce circa 15 mense, tra aziendali e sociali, distribuite nella città di Bolzano, e prepara anche oltre un migliaio di pasti al giorno per Caritas e altre associazioni di volontariato del territorio. Dagli anziani, alle mense aziendali e, adesso, la cooperativa Clab punta alle mense per gli sportivi. Proprio in questi giorni, infatti, la cooperativa si è aggiudicata il bando per la gestione della ristorazione del centro sportivo Pfarrhof in via Maso della Pieve, il ristorante della zona sportiva dove vanno a mangiare tutti gli atleti delle varie società sportive.
«Per la prima volta una società italiana – dice con orgoglio Iurlaro – gestisce il ristorante della parte tedesca della zona sportiva Pfarrhof».
Una storia lunga, quella della Clab, che risale agli anni ’70, quando i pensionati che volevano mantenersi impegnati aiutavano nella gestione della mensa ospedaliera. Iurlaro diventa presidente nel 2016, quando Clab forniva servizio mensa a 65 anziani con reddito limitato. Nel 2019 scoppia l’emergenza migranti e, anche a Bolzano, cominciano ad arrivare persone straniere da ogni parte. Le mense della Clab vengono coinvolte nel sostentamento dei migranti e «inizialmente non è stato semplice far coesistere gli anziani con gli stranieri provenienti da luoghi e culture differenti; poi però anziani e bambini stranieri hanno cominciato a giocare e lentamente si sono amalgamati».
Tanto amalgamati che gli stessi stranieri hanno cominciato a riempire i vuoti presenti nell’organico della Clab, rendendolo sempre più multietnico. «Sono persone con retaggi culturali diversi, a volte appartenenti anche ad etnie in contrasto tra loro, ma hanno capito che le divergenze andavano assottigliate se volevano mantenere il lavoro. Del resto, in dieci anni ci sono stati soltanto due licenziamenti».
Quindi, la Clab costituisce un modello di integrazione che funziona, nonostante regole lavorative molto stringenti. «Se i giovani profughi che vediamo in strada, in attesa di permessi di soggiorno o richiedenti asilo, potessero rientrare nelle liste dei lavoratori svantaggiati, le aziende li assumerebbero certamente, togliendoli dalla strada e dando loro possibilità concrete di integrarsi. La logica dovrebbe essere quella della controprestazione: dare qualcosa in termini di lavoro alla società che ha provveduto al loro sostentamento, ma la normativa oggi non lo permette».
Ermanno Amedei
Multikulti-Küche in Bozen: Bei Clab kochen 40 Menschen aus 21 Nationen – Schulter an Schulter
40 Mitarbeitende aus 21 verschiedenen Ländern – darunter auch einige Italiener:innen. Die Belegschaft der Bozner Genossenschaft Mensa Clab ist ein Paradebeispiel für gelebte Vielfalt: Menschen aus allen Kontinenten, mit ganz unterschiedlichen Kulturen und Gewohnheiten, arbeiten hier tagtäglich Seite an Seite.
Sie sind Essensausfahrer, Tellerwäscher, Reinigungskräfte, Servicepersonal – aber auch Köche, Küchenhilfen oder Baristas. Die meisten von ihnen sind einst als Geflüchtete nach Italien gekommen und heute mit ihren Familien voll in das soziale Gefüge Bozens integriert.
„Alle sind regulär angestellt, nach dem nationalen Kollektivvertrag für die Gastronomie. Unter ihnen sind auch ein paar Italiener aus benachteiligten Gruppen – etwa Menschen mit Behinderung oder Ex-Häftlinge – aber zum Großteil sind es Migrant:innen“, erklärt Francesco Iurlaro (im Bild), Präsident der Cooperativa Lavoratori Anziani Bolzano (Clab).
Iurlaro, eigentlich Steuerjurist, managt die Genossenschaft in seiner Freizeit – und das mit beachtlichem Erfolg. In den letzten zehn Jahren hat er Clab durch große Herausforderungen wie die Flüchtlingskrise und die Corona-Pandemie manövriert, ohne den sozialen Grundgedanken zu verlieren. „Wir haben Vereinbarungen mit der Stadt – klar – aber unser Überleben sichern wir über unsere wirtschaftlichen Tätigkeiten. Unser Ziel ist es, im Sozialen aktiv zu sein, ohne der öffentlichen Hand zur Last zu fallen.“
Mittlerweile betreibt Clab rund 15 Mensen in Bozen – sowohl betriebliche als auch soziale – und bereitet täglich über 1.000 Mahlzeiten für die Caritas und andere Hilfsorganisationen zu. Vom Seniorenteller über Firmenkantinen bis hin zu einem neuen Projekt: Sportlerverpflegung. Ganz aktuell hat sich Clab den Auftrag für die Gastronomie im Sportzentrum Pfarrhof in der Maso-della-Pieve-Straße gesichert – dem Treffpunkt für viele Sportvereine in der Stadt.
„Zum ersten Mal übernimmt ein italienischer Betrieb die Küche auf der deutschsprachigen Seite des Pfarrhofs“, sagt Iurlaro stolz.
Die Geschichte der Genossenschaft reicht bis in die 70er zurück, als Rentner:innen ihre Zeit nutzten, um in der Krankenhauskantine auszuhelfen. Iurlaro wurde 2016 Präsident – damals versorgte Clab noch 65 einkommensschwache Senior:innen mit Mittagessen. Ab 2019 kamen mit der Flüchtlingswelle neue Herausforderungen: Menschen verschiedenster Herkunft trafen aufeinander – nicht immer ohne Reibung.
„Anfangs war es nicht leicht, ältere Menschen und Geflüchtete mit so unterschiedlichen kulturellen Hintergründen unter einen Hut zu bringen“, erinnert sich Iurlaro. „Aber mit der Zeit spielten die Kinder miteinander, alte Leute begannen, sich zu öffnen – und langsam entstand echtes Miteinander.“
Heute ist Clab nicht nur ein Ort der Begegnung, sondern auch ein Arbeitgeber, der Lücken im Personal durch geflüchtete Menschen füllt – und so immer internationaler wird. „Da arbeiten Leute mit total verschiedenen kulturellen Wurzeln, teilweise aus ethnischen Gruppen, die sich sonst nicht mal anschauen würden. Aber sie haben verstanden, dass man Differenzen überwinden muss, wenn man seinen Job behalten will. In zehn Jahren gab es gerade mal zwei Kündigungen.“
Clab zeigt also, wie Integration funktionieren kann – trotz strenger Arbeitsregeln. „Wenn man jungen Geflüchteten, die auf der Straße auf ihre Papiere warten, erlauben würde, als benachteiligte Arbeitskräfte zu gelten, würden viele Betriebe sie sofort einstellen“, meint Iurlaro. „Man würde sie von der Straße holen und ihnen echte Chancen geben. Die Gesellschaft hat ihnen Unterkunft und Versorgung geboten – es wäre nur fair, wenn sie etwas zurückgeben dürften. Aber das Gesetz lässt das momentan nicht zu.“
Ermanno Amedei
(Übersetzung mithilfe einer KI-Anwendung)



